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Il 16 settembre 2022 moriva, per mano della polizia morale iraniana, Mahsa Amini. Pochi giorni prima, il 13 settembre, veniva arrestata perché non osservava la legge islamica sull’obbligo del velo. Lo aveva troppo lento e si vedeva una ciocca di capelli. La sua morte violenta fu la scintilla per l’inizio di manifestazioni di piazza contro il regime totalitario e autocratico degli Ayatollah. Al grido di “Donna, vita e libertà” scattarono le proteste in gran parte del paese. Ancora oggi, anche se in numero ridotto e senza l’attenzione della stampa, vi sono ribellioni nel paese. Molte donne sfidano il potere e vano in giro a capo scoperto senza l’hijab (velo).

Il regime non ha mai fatto concessioni sul copricapo. Vi sono state delle false aperture per cercare di placare i manifestanti. Queste sono state poi smentite da comportamenti repressivi durissimi nei confronti di chi scendeva per strada. Secondo i dati di Human Right in un anno di proteste e di scontri sono stati uccisi 551 manifestanti, di cui 68 bambini e 49 donne.

La maggior parte delle morti è stata causata da colpi di armi da fuoco e da manganellate inferte dalla polizia e dalle squadre dell’IRGC (Islamic Revolutionary Guard Corps).

Vi sono state anche condanne a morte per impiccagione, dopo processi farsa.

Per quanto accaduto non vi è stata mai alcuna responsabilità ed il regime ha sempre attuato un processo di disinformazione per distorcere la verità.

Le autorità iraniane hanno sempre rifiutato ogni tipo di ispezione a carattere indipendente per l’accertamento dei fatti. E sotto la spinta di richieste da parte di organizzazioni per i diritti umani le Nazioni Unite hanno istituito una missione di inchiesta.

Il regime nel temere manifestazioni per la ricorrenza della morte di Mahsa Amini ha intensificato i controlli e la presenza di formazioni anti sommossa nei luoghi di aggregazione. Anche la tomba della giovane donna è sorvegliatissima e presidiata per evitare pellegrinaggi. Per riprendere e registrare chi si dovesse recare sul posto sono state installate telecamere nei pressi del loculo e del cimitero.

Mahsa Amini fa paura al regime e continua a vivere nel nome di “Donna, vita e libertà”.