Accadde domani: la tragedia del volo KAL 007
Il 1° settembre 1983 è un giorno che in molti ricordano nefasto nella storia dell’aviazione civile: il volo Korean Air Lines 007 fu abbattuto da un aereo sovietico nei pressi dell’isola Moneron, decretando la morte di 269 persone, di cui 240 passeggeri e 29 membri dell’equipaggio, la maggior parte di cittadinanza sud coreana e statunitense. Il volo, il cui tragitto partì dall’aeroporto internazionale di New York JFK, diretto a Seul con scalo ad Anchorage, in Alaska, fu colpito con due missili, uno radar e l’altro a infrarossi, che portò alla morte di tutti i presenti a bordo, senza alcuna esclusione.
L’incidente avvenne a causa di una sequenza di errori fatali, favoriti dal clima particolarmente teso della guerra fredda di quegli anni: dalla presidenza di Reagan in poi, gli USA avevano accelerato la corsa agli armamenti, con conseguente reazione dura da parte delle alte sfere sovietiche, che ritenevano la strategia degli americani volta a rallentare lo sviluppo economico delle nazioni della loro sfera d’influenza, e in alcuni casi c’era un timore anche di un possibile attacco nucleare preventivo da parte degli Stati Uniti.
I sovietici non erano quindi al massimo della loro tranquillità in quel momento, e quando notarono che il volo KAL 007 sconfinò nel loro spazio aereo, inviarono immediatamente 4 aerei per intercettare il veicolo. I sovietici dichiararono di aver sia sparato dei colpi di avvertimento, che di aver provato a contattare via comunicazione d’emergenza l’equipaggio, ma senza ottenere i risposta. Questa tesi fu però smentita dal fatto che nessun aereo o controllore che in quel momento aveva le linee d’emergenza attive intercettò questo radiomesaggio, e in seguito anche dallo stesso pilota che abbattè l’aereo.
I sovietici provarono a giustificare l’incidente in diversi modi, asserendo per esempio, oltre a quanto già riportato in precedenza, che l’aereo potesse essere stato un velivolo convertito da civile in aereo spia. Gli USA però smentirono immediatamente l’accaduto, pubblicando le intercettazioni delle comunicazioni tra il pilota dell’aereo e il comando a terra, mostrando come fosse impossibile confondere il volo di linea per un aereo militare. Ulteriori prove furono presentate anche all’ONU, che però non riuscirono a dimostrare con assoluta certezza che i sovietici sapessero di star abbattendo un aereo civile.
Ma cosa ha causato l’incidente? Dalle ricostruzioni avvenute grazie alle scatole nere dell’aereo, consegnate solamente dieci anni dopo all’organizzazione delle nazioni unite per l’aviazione civile, quando ormai l’URSS era stata sciolta e a capo della Russia c’era El’cin, si venne a sapere che i piloti ebbero una lieve dimenticanza che, però, si rivelò fatale. Per la prima parte del viaggio, da NY ad Anchorage, attivarono il pilota automatico nella modalità di direzione magnetica. Questa avrebbe dovuto poi essere disattivata durante la seconda parte del volo, per attivare il sistema di guida inerziale; i piloti però non spensero mai la modalità di direzione magnetica, portando l’aereo fuori rotta e a sconfinare nello spazio sovietico sovietico e, non rendendosene conto, condannarono tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio a una tragica fine.