Il 21 marzo 1804 venne redatto il Codice Napoleonico
Il Code Napoléon, così chiamato perché voluto da Napoleone Bonaparte, rappresenta uno dei più consistenti e duraturi lasciti del periodo napoleonico, tuttora in vigore in Francia, è uno dei più celebri codici del mondo ed ha influenzato quasi tutti quelli emanati in molti paesi a partire dalla Restaurazione.
Redatto da una commissione nominata da Napoleone nei primi anni dell’800, viene emanato il 21 marzo 1804 ed è ricordato ancora oggi per essere stato il primo codice civile moderno, con norme giuridiche chiare e di semplice applicazione e la riduzione ad unità del soggetto giuridico.
Lo scopo che si prefigge il legislatore è quello di dar vita a un testo che ponga fine alla tradizione giuridica dell’Ancien Régime, caratterizzata da molteplicità giurisprudenziale e frantumato particolarismo giuridico, che affondava le proprie radici nell’ormai arretrato e farraginoso sistema del diritto comune. Con esso scompaiono obsoleti istituti giuridici come maggiorascato, primogenitura e ciò che sopravvive dell’antico istituto feudale.
Il codice si ispira al diritto consuetudinario della tradizione franco-germanica, caratteristico del nord della Francia dei pays de droit coutumier, senza tralasciare come modello di riferimento il diritto romano prevalente nel centro-sud del paese dei pays de droit écrit, così come interpretato dai giuristi medievali glossatori e dai commentatori di questa parte del paese.
Il Codice Napoleonico in Italia
Negli Stati italiani, pur essendo stato applicato per un periodo relativamente breve, circa un decennio, il Codice napoleonico, formalmente abrogato, è infatti destinato ad una seconda e più durevole vita attraverso l’influenza che esercita dapprima sui Codici Civili della Restaurazione, poi sul Codice Civile italiano del 1865.
Vediamo più nel dettaglio cosa accade nei vari stati italiani dopo il 1815. Nel Ducato di Modena e Reggio, come è già accaduto nel Regno di Sardegna, la Restaurazione significa il ripudio della codificazione napoleonica e il ripristino dell’antico sistema delle fonti del diritto, incentrato sulle Costituzioni modenesi del 1771, integrate da talune insostituibili innovazioni in materia ipotecaria e successoria.
Il primo degli Stati preunitari che giunge alla codificazione è il regno delle Due Sicilie, dove la legislazione napoleonica viene dapprima mantenuta in vigore e poi sostituta con una nuova compilazione entrata in vigore nel 1819 che però, sul piano sostanziale, imita quasi integralmente il modello napoleonico.
L’esempio napoletano è seguito ad un anno di distanza, ossia nel 1820, dal Ducato di Parma e di Piacenza, dove però, a differenza di quanto successo nel Regno delle Due Sicilie, si preferisce elaborare non un unico testo, ma quattro distinti codici, dedicati al diritto civile, alla procedura civile, al diritto penale e alla procedura penale, tutti pubblicati fra il 1820 ed il 1821. Manca però un codice di commercio, poco confacente ad una realtà economica di tipo soprattutto rurale, e le poche norme dedicate al commercio vengono fatte confluire o nel codice civile o in quello di procedura civile
Devono passare due decenni e più dal Congresso di Vienna perché un’altra monarchia assoluta della penisola riprenda la via della codificazione: il Regno di Sardegna. Essa ha mostrato una condotta nettamente conservatrice all’indomani della caduta del regime napoleonico, abrogando l’intera legislazione francese vigente in Piemonte dopo l’annessione all’impero napoleonico e ripristinando le superate fonti giuridiche subalpine, ossia la legislazione regia, gli statuti locali, le sentenze e il diritto comune.
È solo con l’ascesa al trono di Carlo Alberto, nel 1831, che la situazione cambia promuovendo un nuova codificazione per l’intero regno, anche se i lavori si protraggono a lungo: nel 1837 è promulgato il Codice Civile, ampiamente ispirato a quello napoleonico, seguito nel 1839 da quello Penale; nel 1842 è la volta di quello commerciale, nel 1847 del Codice di Procedura Penale e nel 1854 di quello di Procedura Civile. A partire dall’Unità la legislazione piemontese viene estesa a tutto il neonato Regno d’Italia, ma i principi di base dei codici e delle leggi napoleoniche sono tuttora presenti nella nostra legislatura.