Dalle vetture anteguerra all’eleganza discreta delle Lancia, dalla leggendaria Renault Floride alle utilitarie degli ultimi quarant’anni, la più grande piattaforma europea specializzata in acquisti e vendite di veicoli d’epoca onora quest’anno la giornata internazionale della donna ricordando la miriade di modelli che nella storia l’industria automobilistica ha destinato al pubblico femminile. Ancora prima che in Italia Gabriele D’Annunzio decidesse di declinare l’automobile come sostantivo femminile, un signore francese, nel 1922, pensò di mettere in cantiere una vettura rivolta anche a un pubblico femminile. Stiamo parlando di André Citroën, geniale imprenditore da sempre precursore dei tempi, e della sua piccola e compatta Citroën 5CV Type C. Una vetturetta che non solo presentava notevole manovrabilità e facilità di manutenzione ma con la sua potenza fiscale di 5CV, da cui prendeva il nome, era anche economica. E, in più, usciva dalla produzione in tinte vivaci che conquistavano le signore. Tanto da essere soprannominata “Petit Citron” (“Piccolo Limone”) per il colore giallo della carrozzeria che appariva sulla réclame.
La Fiat 509 non era un’auto destinata alle donne ma aveva una compattezza e una leggerezza (795 Kg a vuoto) tali da far pensare che potesse essere facile anche per il “gentil sesso”. Un po’ come la Lancia Ardea, capolavoro di fine anni Trenta, simile nell’estetica e nella meccanica alla precedente e ultra innovativa Aprilia ma di dimensioni e cilindrata ridotte. Con 30 CV, tuttavia, che le consentivano di raggiungere 110 Km/h e facevano di lei una utilitaria di lusso. Anche perché non le mancavano gli elementi di eleganza e raffinatezza che avevano già contraddistinto i modelli più importanti del marchio quali il morbido panno grigio o nocciola della tappezzeria, la strumentazione che includeva tachimetro con contachilometri totale e parziale e diversi altri accessori di standing elevato.
Costruita in quattro serie, fino al 1953, l’Ardea monta un quattro cilindri a V stretto con valvole e albero di distribuzione in testa di soli 903cc di cilindrata, il più piccolo mai costruito dalla Lancia. La sua storia “in rosa” è rappresentata in particolare dal fatto che essendo stata l’ultima idea di Vincenzo Lancia, ne ha sviluppato il progetto la vedova Adele Miglietti, che aveva preso le redini dell’azienda, portandolo a termine due anni dopo la morte del fondatore della Casa nel 1937. La sua linea di carrozzeria ha ispirato quella che è stata poi, oltre quarant’anni dopo, un’icona della Casa dedicata alla figura femminile: la Y10. Dal 1985, quando è nata la prima serie, l’iconica city-car della Lancia ha conquistato fino al 2015 2,7 milioni di clienti in tutta Europa e per tre anni consecutivi, a partire dal 2013, è stata definita la vettura preferita dalle donne italiane.
In Italia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla decade successiva, più che l’era delle auto destinate alla clientela femminile, ha preso il via l’ondata delle familiari che, sulla spinta del boom economico hanno motorizzato il Paese: dalla seconda e terza serie della Fiat 500 “Topolino” – ovvero la B uscita nel 1948 e la C del 1949 – alla Fiat 600 del 1955 e alla Nuova 500, nata nel 1957. È il periodo degli sportelli controvento e dei consigli per le signore su come entrare in auto con eleganza, come si vede ancora in alcuni filmati dell’Istituto Luce realizzati in collaborazione con la rivista Quattroruote. Tuttavia forme tondeggianti, passo corto, potenza e consumi contenuti fanno spesso accomunare questa categoria di vetture alle donne, e fra loro possiamo considerare anche la Renault Dauphine, che in Italia veniva prodotta dall’Alfa Romeo. Stessa cosa per le micro car, dalla la Iso Isetta del 1953, tre ruote con un solo portellone d’accesso sul frontale ed economicità estrema, al minuscolo Messerchmitt, che veniva reclamizzato stracarico di pacchi e pacchetti, al servizio di una bionda signora in perfetto stile Sixties.
L’Autobianchi Bianchina, con la sua versione trasformabile che è stata anche la prima a essere costruita, nel 1957, segna la svolta che vede le donne protagoniste al volante, ammiccando alle automobiliste come fa del resto tutto l’universo cabrio degli anni successivi: ne sono esempi la Fiat 850 Spider che riempiva d’orgoglio Anna Magnani sulle strade della capitale in L’Automobile (1971) o il Maggiolino scoperto (Volkswagen Typ 1) del 1949, fino alla Ford Escort Cabriolet e alla Talbot Samba Cabriolet degli anni Ottanta, solo per citarne alcune. Tra gli emblemi più amati della categoria, l’Audi TT Quattro roadster, commercializzato a partire dal 1998 e ancora molto ricercato dai collezionisti di vetture Youngtimer per via del suo comfort moderno unito al fascino del passato.
A proposito di capelli al vento, negli Sessanta arriva ad evocare bellezza e libertà la Renault Floride e con lei niente meno che Brigitte Bardot a farle da testimonial. Presentata al Salone di Parigi nel 1959 e conosciuta nel mercato americano con il nome di Caravelle, si tratta di una Cabriolet piena di fascino, dalle linee raffinate, con motore a 4 cilindri in linea derivato dal motore Ventoux della Dauphine (845 cc, 40CV, velocità massima di 125 km/h). Nello stesso anno prende vita grazie alla British Motor Corporation e alla matita di Sir Alec Issigonis anche la Mini, l’intramontabile caposaldo delle compattine ancora oggi di successo. Mentre nel 1965 un mito come la Lancia Fulvia Coupé, vanto assoluto dell’industria automobilistica italiana, viene accostato espressamente nelle pubblicità all’immagine della donna. Trasmette voglia di emancipazione e indipendenza, sempre con la caratteristica eleganza sobria della Lancia. Con un design azzeccatissimo, frutto della matita del brillante stilista Piero Castagnero, la Fulvia Coupé è stata allestita nella versione con motore di 1216cc e, con una serie di potenziamenti meccanici come la cilindrata portata a 1600cc e l’adozione del cambio a cinque marce, è rimasta in produzione fino al 1976.
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