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La sesta stagione della serie Netflix di Charlie Brooker Black Mirror ritorna ad alimentare, con l’episodio “Joan è Terribile”, le paure e preoccupazioni che molti di noi non vorremmo avere.

Il racconto si basa sull’invasione della privacy di Joan, una donna del tutto normale, che scopre su un servizio di streaming globale una serie che racconta, nei minimi dettagli, eventi (e segreti) della sua vita quotidiana. A causa di racconti ingigantiti ed estremizzati delle sue conversazioni e condotte, la protagonista si trova a dover affrontare gravi conseguenze sia nel mondo lavorativo sia nei suoi rapporti sentimentali.

Punti di forza e problematiche di Black Mirror

Elemento vincente di questo episodio di Black Mirror è la difficoltà nel definire i confini della propria vita privata mentre si è circondati da dispositivi costantemente in ascolto: nel corso dell’episodio l’avvocato che studia il caso di Joan ricorda chiaramente che i cellulari (e qualsiasi altro oggetto “smart”) trasmettono quanto registrato e catturato alle società proprietarie che poi rivendono senza alcuna conseguenza a terzi che possono usarli come più li aggrada. Elemento fondante delle disavventure della protagonista è infatti l’accettazione delle condizioni d’uso del servizio di streaming.

Nel corso dell’episodio emergono problematiche come i c.d. “contratti click-wrap [quando prestiamo il consenso cliccando un solo pulsante su un sito n.d.a.], la cessione dei diritti di immagine a società per la creazione di contenuti di intrattenimento che usano tecnologie di deep fake [tecnologia di sostituzione dei volti degli attori con quelli di celebrità o altre persone n.d.a.] ed intelligenze artificiali; la difficoltà nel proteggersi da campagne denigratorie o di fake news; studi comportamentali su cosa attira l’attenzione degli spettatori ed aumenta gli indici d’ascolto e così via.

Charlie Brooker con questa storia vuole ricordare quanto l’uso distorto delle nuove tecnologie possa danneggiare e violare i diritti fondamentali di un individuo in nome del profitto e degli ascolti. Non si può ritenere quanto raccontato una rappresentazione esagerata volta a creare inutile allarmismo: le strategie di assuefazione ed influenza comportamentale delle grandi aziende, definite da esperti come Shoshana Zuboff “capitalisti della sorveglianza”, sono attuali e reali. Quanto descritto è un monito per gli spettatori sul tipo di società che ci aspetta se continuiamo ad essere vittime inconsapevoli che non si informano sui propri diritti e non lottano per la loro tutela.

Black Mirror, un futuro vicino

Nonostante quanto vissuto da Joan sia oggetto di tutela nell’ordinamento dell’Unione Europea grazie al GDPR, nel contesto statunitense il pericolo di trovarsi catapultati in una spirale di eventi simili non è così tanto lontano: molte di queste aziende hanno sede negli USA proprio perché non è prevista una tutela della propria privacy particolarmente forte rendendo così più complesso l’iter previsto per garantire il corretto trattamento dei dati dei cittadini europei. Inoltre, la facilità di trasmissione dei dati in server situati in territori dove le istituzioni europee non hanno ancora sufficiente potere ed influenza potrebbe portare ad una lotta estenuante che potrebbe al massimo comportare sanzioni economiche facilmente liquidabili da questi colossi.

Fin dall’inizio delle vicissitudini di Joan, lo spettatore vive assieme alla protagonista la sensazione di totale impotenza di fronte alle conseguenze dell’aver accettato i termini e condizioni. Ogni singola clausola risulta minuziosamente pianificata per imbrigliare l’utente ignaro di trovarsi in un punto di non ritorno che rende i suoi dati una comune merce di scambio tra aziende come potrebbe esserlo una risma di carta.

Quindi, se ci fossero ancora dubbi sull’importanza della decisione dell’U.E. di procedere con i piedi di piombo quando si deve regolamentare in materia di privacy, intelligenza artificiale e diritti digitali, si consiglia vivamente di tenere presente questa puntata di Black Mirror, suggerendola a chi non l’ha ancora vista, così da poter scegliere consapevolmente quali lotte sostenere e da che parte schierarsi nella controversia tra autorità e colossi tech.