Se vuoi che t’ami fa che ti…credano morta- Mini Recensione
di Luca Nappo
Siamo a metà di questo che si è rivelato un viaggio nei film su amori inusuali e unici. Quasi tutte le storie d’amore che si rispettino hanno però spesso tutte lo stesso obiettivo: il matrimonio.
Ancora una volta facciamoci trasportare da un racconto insolito stavolta con risvolti macabri e inaspettati.
L’amore bugiardo – Gone Girl, tratto dall’omonimo romanzo di Gillian Flynn, è una discesa negli inferi dell’amore in cui il regista David Fincher ci accompagna smascherando man mano tutti gli stereotipi a cui le solite narrazioni ci hanno abituato.
Nel giorno del suo quinto anniversario di matrimonio Nick Dunne – Ben Affleck – torna a casa e scopre che sua moglie Amy – Rosamund Pike – è scomparsa. Da quel momento l’esistenza di Nick viene come risucchiata in una spirale che metterà a nudo le sue colpe di marito pigro e disinteressato. Ciò gli permetterà di conoscere davvero la spietata e pericolosa donna che è sua moglie.
All’inizio può quasi sembrare la classica storia di un matrimonio fallito. Per quanto fossero stati una splendida coppia appena conosciuti il loro rapporto è andato a naufragare insieme alle loro vite personali. Anche un po’ per colpa della perdita del lavoro di entrambi si ritrovano a doversi trasferire da New York alla piccola città natale in Missouri di Nick, forse anche troppo piccola per l’intelligente ed eclettica Amy.
E’ qui che la loro relazione si schianta diventando monotona e piatta. Qualcosa tra loro si rompe e Amy non è disposta a spendere la sua intera vita in questo modo. Vuole mantenere la promessa di non essere come le altre coppie che i due si sono fatti poco prima che tutto andasse a rotoli. Sembra quindi tutto puntare contro Nick, descrittoci dal diario della moglie come uno scrittore bloccato, fedifrago e a tratti violento e quindi incapace di sopportare la ribellione di una donna troppo lontana dalla figura di moglie succube e servile.
In questa assurda storia di coppia però tutto non è davvero ciò che sembra. Ogni dettaglio ne rivela un altro. Proprio come la caccia al tesoro che Amy organizza per Nick. In un susseguirsi di rivelazioni che permettono un crescendo continuo con due apici: la metà del film e il suo finale. Nel momento in cui sia le indagini che l’opinione pubblica ma soprattutto lo sguardo dello spettatore puntano contro l’uomo traditore e manesco Amy ricompare e quasi come un cattivo dei film degli anni ‘60 ci descrive il piano che ha messo in atto per incastrare suo marito.
Ogni indizio, traccia e svolta si scoprono in realtà frutto della suo animo in rivolta con quello che la società si aspetta da una donna. Ciò ci permette anche di vendere sotto un’altra luce tutto quello che Nick ha dovuto subire fino a quel momento, dalla voracità dei mass media alle facili conclusioni a cui aspirano le persone comuni.
Il viaggio nelle profondità della rabbia femminile non finisce qui.
Quando infatti il suo odiato uomo è più messo in ginocchio Amy rivede in lui quello sguardo che l’aveva fatta innamorare tempo prima. Ecco quindi che con un ultimo macabro risvolto torna da lui scagionandolo e lasciando tutti a bocca aperta, ma soprattutto confidandogli che tutto ciò che ha fatto lo ha fatto per lui e per il loro rapporto, in quello che secondo lei era solo un diverso modo per ravvivare la loro coppia.
Gone Girl è una pungente analisi su quanto l’immagine che mostriamo agli altri sia davvero l’unica cosa che conti. Tutti ruoli che la società ci impone vengono messi in ridicolo con un tono però mai parodistico, rendendo così il tutto tanto crudo e viscerale quanto realistico e comprensibile.