L’invasione ideologica di Putin
Esiste una ideologia che possa “spiegare” l’invasione russa dell’Ucraina? Leggendo con cura i discorsi di Vladimir Putin, ben presto si comprende che qualcosa di simile in effetti c’è. Il capo del Cremlino, influenzato dal patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Kirill I, rilegge la storia del suo Paese in una maniera peculiare. Secondo la sua narrazione, esisterebbe uno “spirito slavo” che si contrappone a un Occidente percepito in piena decadenza.
Sarebbe inoltre esistita nel passato una “grande nazione russa” della quale facevano parte i russi veri e propri, i “piccoli russi” (gli ucraini), e i “russi bianchi” (bielorussi). Si tratta, a suo avviso, di tre rami in sostanza omogenei di un unico popolo. La differenziazione iniziò con il collasso dei principati della Rus’ di Kiev in epoca medievale, come conseguenza dell’invasione mongola. I tre rami iniziarono allora diversi percorsi. A Est i “grandi russi” si raggrupparono attorno a Mosca, mantenendo sostanzialmente le caratteristiche dello spirito slavo primigenio.
A Ovest, invece, gli ucraini e, in misura molto minore, i bielorussi, furono attratti entro l’orbita della Confederazione polacco-lituana, già esistente a metà del ’500, e che poi divenne uno dei più grandi e popolosi Stati europei tra il XVI e il XVII secolo. La Confederazione poi decadde e nel secolo XVIII il suo territorio fu spartito tra Russia, Austria e Prussia.
Questa la storia vera, alla quale però Putin e il suo circolo aggiungono elementi nuovi. Secondo la narrazione putiniana, l’Ucraina occidentale fuprofondamente influenzato dalla cultura dell’impero austriaco. Un ruolo “corruttore” importante fu comunque svolto dai polacchi, nemici storici dei russi, che riuscirono anche a creare una Chiesa greco-cattolica ortodossa, ma fedele a Roma e di obbedienza papale. Pertanto gli ucraini si sono distaccati dallo spirito slavo primigenio adottando una cultura e uno stile di vita tipici dell’Occidente.
Putin e il suo circolo pretendono che tale “contaminazione” finisca e che gli ucraini vengano“russificati” tornando nell’alveo della tradizione slava primigenia. Ciò vale soprattutto per la Galizia, regione un tempo appartenente alla Polonia e che ha come capitale Leopoli. Come se non bastasse, il gruppo dirigente del Cremlino accusa anche la ex Unione Sovietica di aver praticato una politica di “de-slavizzazione”, basata sull’ateismo di Stato e sulla prevalenza assoluta del marxismo-leninismo.
Putin e i suoi fedelissimi stanno propagandando tali tesi in TV, giornali e social network. E la popolazione – o almeno quella della Russia profonda – sembra credere a tale narrazione. Un fatto è comunque chiaro. Non c’è né può esistere per Putin uno Stato ucraino indipendente, giacché esso è stato creato dall’Occidente per minare dall’interno la civiltà della “Grande Russia”.
Non vi sono quindi alternative. Gli attuali ucraini devono essere de-occidentalizzati, con la forza se è necessario, e poi sottoposti a un processo di totale russificazione. Non possono mantenere una reale indipendenza. Devono capire che il loro destino è quello di riunirsi con russi e bielorussi per ricreare lo spirito slavo delle origini, del tutto impermeabile all’influenza corruttrice che viene da Ovest.
Putin non tiene conto della grande complessità che caratterizza la storia dei popoli slavi, ivi inclusi gli odiati polacchi. Ma che importa? Nella mente sua e di chi lo circonda questa è la storia vera, e non esistono seri margini di trattativa con l’odierno Stato indipendente dell’Ucraina.

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova