Striscia di Gaza: continuano i colloqui per giungere ad una tregua
I colloqui per giungere ad una tregua dei combattimenti nella Striscia di Gaza vanno avanti. Le Delegazioni dei paesi mediatori e di Israele stanno discutendo in Qatar. Bisogna giungere ad una soluzione che tenga conto della liberazione degli ostaggi israeliani, di quelli palestinesi rinchiusi nelle carceri di Israele e del sostegno alla popolazione civile. Sarebbe prevista una pausa di 6 settimane. Periodo in cui verrebbero scambiati 40 ostaggi detenuti da Hamas con 400 detenuti palestinesi.
Portare a casa gli ostaggi è una priorità per Israele ma allo stesso tempo il governo dello Stato ebraico non vuole commettere lo stesso errore commesso nel 2011, quando tra i liberati in cambio del soldato Shalit c’era anche Sinwar, attuale capo di Hamas e ricercato numero uno dall’IDF. Il presidente Biden si è mostrato fiducioso e ha detto che già lunedì prossimo si potrebbe avere un cessate il fuoco. Hamas in risposta a Biden fa sapere che ogni previsione è affrettata perché l’attuale situazione sul terreno non agevola.
Incertezza sul piano di tregua
Ci sono voci contrastanti circa il raggiungimento di un accordo tra le parti. Hamas avrebbe valutato la proposta di Israele troppo sbilanciata verso gli interessi dello stato ebraico; non terrebbe conto di alcune aspettative dell’organizzazione. Per Hamas non ci sono solo ostaggi in cambio di prigionieri ma c’è anche il ritiro delle truppe IDF dalla Striscia, consentire ai civili evacuati di fare rientro nel nord ed una tregua che porti ad un cessate il fuoco permanente. Alcune voci dicono che esiste un accordo preliminare, sulla base di questo verrà svolta una riunione al Cairo domenica prossima. Dall’incontro potrebbe scaturire l’intesa per un cassate il fuoco. Ma nei dettagli dell’accordo si potrebbero nascondere delle insidie.
Rafah punto cruciale per una tregua
I colloqui in corso non hanno fermato finora le intenzioni di Netanyahu di procedere nel sud su Rafah. La città meridionale della Striscia è un punto cruciale delle discussioni perché le ripetute esternazioni del PM israeliano sulla questione irrigidiscono Hamas. Le forze IDF hanno già consegnato al governo un piano di evacuazione dei civili assieme ad un piano “operativo” d’azione.
Una probabile operazione si protrarrebbe anche nel periodo della festa religiosa del Ramadan. E proprio la festa religiosa rappresenta una grossa criticità. Parte il 10 marzo prossimo e si protrarrà per un mese. La pausa di 6 settimane sarebbe funzionale anche a questa.
Combattimenti in corso
Mentre i colloqui per una tregua vanno avanti le operazioni nella Striscia incalzano da Nord a Sud fino al limite dei territori di Rafah. Nel Nord della Striscia, a Gaza city, dove le forze di Israele avevano già sgomberato, l’IDF conduce ulteriori azioni sulla base di informative più dettagliate ed elaborate dell’intelligence. Sulla base di queste informazioni “Tsahal” (forza di difesa di Israele) dice di aver scoperto una rete di tunnel che collegano Gaza nord con quella centrale. Dall’ispezione di questi cunicoli è stata rilevata la presenza di “locali abitativi, compresi servizi igienici, magazzini per armi e attrezzature da combattimento, un complesso sistema di aperture di tunnel, nonché i corpi dei terroristi rimasti nel tunnel”[1]. La rete sotterranea dopo i controlli è stata resa inagibile.
Più a sud a Khan la situazione è la stessa. Sono state arrestate oltre 200 persone e sequestrate armi a seguito di una bonifica nell’ospedale Nasser in città.
La popolazione civile
Il vero dramma di questo conflitto oltre al fatto che si combatte è rappresentato dai civili, anziani, donne, bambini. Le loro condizioni di vita e sopravvivenza peggiorano di giorno in giorno. Lottano per una manciata di farina, una bottiglia d’acqua e non solo. Le forze aeree giordane (Royal Jordanian Air Force) hanno lanciato aiuti a largo della costa della Striscia, è stata una operazione di lancio imponente ma questo non basta.
Per facilitare l’afflusso di aiuti umanitari nel Nord della striscia Israele starebbe per aprire un valico nella parte settentrionale. Si evita così di farli entrare solo da sud e di percorrere la Striscia attraversando zone vicine alle aree dei combattimenti di Khan Younis e Zaytoun. Quello degli aiuti umanitari è un altro aspetto fondamentale che viene trattato nei colloqui per una pausa. Israele viene accusato di aver provocato nella Striscia una delle maggiori crisi umanitarie nel mondo e non sarebbe riuscito a porre in essere le azioni tese ad alleviare la sofferenza dei civili fornendo loro assistenza umanitaria e servizi di base. Il Governo di Israele si oppone a questa lettura.
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[1] Ripreso da pagina X del portavoce dell’IDF per i paesi arabi.
