Aldo Moro, il politico del compromesso
“Siate indipendenti. Non guardate al domani, ma al dopo domani” Nella lettera a Zaccagnini scritta dal covo in cui era imprigionato la grande lezione di un uomo che visse il suo impegno civile senza mai tradire i valori del suo animo: Aldo Moro. Aldo Moro, il futuro segretario della democrazia cristiana, nasce nel 1916 a Maglie nel Salento e fin da ragazzo possiede una buona dialettica, dote che si dimostrerà utile per il ruolo pubblico che ricoprirà nel futuro. Laureatosi a soli 22 anni in Giurisprudenza a Bari entra giovanissimo nella Federazione degli universitari cattolici diventandone molto presto presidente nazionale. Ma stiamo nel 1938 sotto il regime fascista e il giovane Moro partecipa alle riunioni clandestine di quella che sarà la Democrazia Cristiana con .De Gasperi e Scelba. A soli 30 anni siede nell’Assemblea Costituente contribuendo alla stesura della nostra costituzione. Parlamentare per sette legislature, cinque volte presidente del consiglio, ministro degli esteri, dell’istruzione e della giustizia oltre che professore , segretario e presidente del suo partito. Ma la luce di Moro si accese solo negli anni 60 attuando una nuova stagione della politica italiana. Nel 1960 il governo del democristiano Fernando Tambroni, ex fascista, ottenne la fiducia del neonato partito di ispirazione fascista Movimento sociale italiano. Contestato e osteggiato il governo cadde in seguito a una manifestazione indetta dalla Camera del Lavoro a Genova per protestare contro l’annunciato congresso dell’Msi , ci furono scontri con la polizia che portarono a uno sciame di manifestazioni in tutto il paese , addirittura a Reggio Emilia la polizia per i disordini uccise 5 operai. A causa delle tensioni in piazza Moro capì che era giunto il momento di aprire una collaborazione con i socialisti. Infatti nel 1963 Moro a capo del governo fu affidata la vicepresidenza al segretario socialista Pietro Nenni. La collaborazione tra la Democrazia cristiana e il partito socialista diede buoni frutti. Ma alla fine degli anni 60 L’Italia era in fermento e la società stava cambiando, Moro lungimirante capì che i tempi erano maturi per aprire il dialogo con il secondo partito d’Italia per consensi: il partito comunista. Moro la chiamò “strategia dell’attenzione” al fine di “rendere possibile, lasciando da parte ambiguità e comodità, il più ampio dialogo in vista di una nuova e qualificata maggioranza”, affermò a Bari il 15 giugno 1969, durante il congresso regionale della Dc. Nel 1973, il neosegretario del Partito comunista, Enrico Berlinguer, propose una collaborazione ai democristiani, trovando un alleato in Moro e nella sua corrente, i “morotei”, considerata la sinistra del partito. Assolutamente contrari erano invece i “dorotei” sostenuti da Giulio Andreotti. Vari motivi tuttavia spinsero la politica verso quello che è passato alla Storia come “compromesso storico” tra Pc e Dc: il timore di una deriva golpista, dopo il colpo di Stato in Cile del 1973 dove Allende venne deposto dal generale Augusto Pinochet; la paura di perdere voti a causa della cosiddetta “strategia della tensione” iniziata nel 1969 con la strage di piazza Fontana a Milano e proseguita poi nel 1974 con quella di piazza della Loggia a Brescia e del treno Italicus a Bologna; le agitazioni di piazza e le amministrative del ’75, quando Pci (33%) e Dc (35%) si trovarono a poca distanza. Il 20 marzo 1978 l’alleanza tra Berlinguer e Moro sbocciò e prese vita un esecutivo di “compromesso” guidato da Giulio Andreotti e appoggiato dal Pci. Ma quattro giorni prima il 16 marzo 1978 nel quartiere Trionfale a Roma un commando delle Brigate Rosse rapì Aldo Moro, mentre si stava recando in parlamento per votare la fiducia al nuovo Governo appoggiato anche dai comunisti. Iniziarono così 55 giorni di prigionia e agonia per Aldo Moro che venne poi ucciso. Il corpo fu fatto ritrovare in una strada del ghetto ebraico, a pochi passi dalla sede del Partito comunista e da quella della Democrazia cristiana. Un luogo simbolico non scelto a caso per gli anni di piombo che il bel paese stava vivendo. Il compromesso storico che avrebbe potuto cambiare l’Italia finì con la morte del suo artefice.