Il concetto di Rivoluzione in prossimità delle elezioni politiche
Il concetto di Rivoluzione.

Considerazioni generali:
Il 25 settembre si va alle urne per le cd politiche, si eleggeranno nuovi membri al Parlamento, Senato della Repubblica e Camera dei Deputati.
E ci troviamo in una epoca del tutto particolare, frutto dei continui errori di una politica che non fa riferimento ad alcun ideale, oramai, e che da trent’anni ha sballottato l’Italia, che tra un po’ non sarà neanche centro di interesse internazionale dato che, visto il giro di alleanze di Putin con Cina, Arabia e probabilmente Cortea del Nord. Un asse, insomma, non più Atlantico ma Pacifico.
E c’è la guerra con le sue conseguenza energetiche per l’occidente, gas ridotto, scorte di grano, in periodo elettorale non si dice ma a breve dovremo fare come la Francia, razionare, spegnere le luci a tot ora, i monumenti storici. Un nuovo Lock Down, ma do9vuto alle mani avide e smaniose di preda dell’uomo medesimo.
Di più il post Covid, che è ancora in circolazione e, comunque, non ha ancora esaurito di attaccare la nostra dimensione non mutando il ribonucleico della cellula ma la società, con conseguenze economiche che arriveranno alla decima generazione.Di qui la presunta furbizia di Putin che, con la guerra, vuole guadagnarci, eliminare la crisi, ed aumentare la sua potenza.
Eh ma per le strade c’è aria di rivoluzione, anche se le persone sono sfiduciate, non vanno in piazza e molte non voteranno. Una sfiducia distruttiva più che costruttiva.
Il concetto di Rivoluzione in prossimità delle elezioni politiche
Si parla di Presidenzialismo, quindi di una Nuova Costituente che, dopo le elezioni, porrà in essere una nuova Carta Costituzionale, sì perché toccando la forma di stato o quella di governo la Costituzione non può restare tale, è troppo minata. Cambieranno i fondamenti. E saranno, spiace dirlo, quelli della destra. Una destra che parla ancora contro i migranti africani, una risorsa da accogliere a braccia spalancate, il nostro futuro con le nostre generazioni italiche miscelate, nuovi italiani. Sono una forza. Soprattutto con ,lo spostamento dell’asse di cui ho accennato sopra.
Quindi è ora di porre in essere una seria rivoluzione, una rivoluzione che parta dalla nostra identità, dai nostri ideali, dalla nostra fohat, della shakti della necessità storica, in una realtà ove si cerca solo la misura-il sufficiente- e non il necessario e la necessità.
Ricordiamo che la rivoluzione non nega il diritto in generale come l’anarchia militare ma solo quello vigente in un dato momento.
E sì ma occorre spiegarci in merito all’anarchia. Trattasi dell’anarchia militare, quella composta da bande eterogenee sotto colonnelli o generali improvvisati e più simili a capobanda. Che utilizzano esclusivamente la forza bruta ed ove vige la legge del più forte, con un continuo ricambio sociale che nulla muta in questo incoerente mosaico.
L’anarchia, invece, ha una axiotica, una morale ed accetta le norme, in quanto prodotte dal loro sistema axiotico che si fonda sul principio cardine della autogestione.
La Rivoluzione come l’Abrogazione causa una estinzione del diritto vigente. Purtuttavia mentre l’abrogazione-ed anche l’annullamento- eliminano una norma o gruppi di norme, la rivoluzione modifica l’intero ordinamento e l’intera comunità.
Il sistema non è più lo stesso quando si trasforma sostanzialmente la generale concezione politica che dà forma all’ intero Stato.

L’Auctoritas, autorità come anima, la Potestas, potere come spirito, lo Stato come corpo.
La rivoluzione, malgrado il mutamento, si colloca ab initio sempre in una logica di antigiuridicità -contra ius-
La Rivoluzione Pacifica è altra cosa, è quel processo che accade giorno dopo giorno in maniera non violenta e nel rispetto della Costituzione o più in generale del quadro axiotico e della loro interpretazione. Ciò attraverso l’azione del legislatore. Quindi trattasi di mutamento secundum ius che non erode il sistema costituzionale, cosa che con un cambio da Repubblica Parlamentare a Presidenziale avviene, non è un mutamento costituzionale fisiologico ma patologico.
Differente dalla rivoluzione è anche la rivolta che tuttavia non riesce, cioè il tentativo di rivolta e la rivolta che mira solo al cambiamento dei governanti e non dell’assetto socio-costituzionale.
La rivoluzione, essendo la causa del nuovo ordinamento, lascia per mesi, anni e secoli traccia dei pensieri, dei cuori, delle norme di chi l’ha posta in essere nella memoria singola e collettiva delle generazioni.
Ancora la Rivoluzione è nazionale mentre la guerra ovviamente è internazionale. Purtuttavia la rivoluzione non va confusa con la guerra civile, di proporzioni e scopi differenti, che è più vicina alla guerra in quanto richiede la indipendenza di alcuni territori nazionali.
Quindi la rivoluzione richiede la forza per passare dall’Antico Regime al Nuovo Ordine attraverso l’insurrezione.
Ma la forza non è per forza di cose violenza, può non esserlo, essa è un contenitore di materia, una massa, di per sé senza direzione o verso, ma che attraverso l’azione, il suo spazio costruttivo, muta di un quadro la realtà vigente. Tale massa deve insistere in uno spazio congeniale ai popoli e comune ad essi, non una massa gettata lì, subito catapultata, ma una massa di idee e sentimenti ed ideali modellata in uno spazio che trasforma la realtà in guisa non perfetta ma migliore.
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Dottore in Giurisprudenza, Giornalista Pubblicista, Autore, Blogger, Esperto in Scienze Criminologiche, Agente Investigativo Antifrode, Esperto in Agiografia e vita di Santi e Beati, Angelologia e Demonologia Esperto in Storia della Inquisizione e delle Polizie. Critico d’Arte. Esperto in Parapsicologia Umanista e Criptozoologia