La cultura napoletana nel mondo: storia e tradizione
Lo origini della città di Napoli risalgono al VIII secolo a.C. In quel periodo, nell’area in cui sorge oggi Castel dell’Ovo, il popolo dei Cumani fondò una colonia che fu denominata Partenope. Quest’ultimo termine identificava una delle tre sirene adorate nella Magna Grecia.
Intorno al 530 a.C. la città di Partenope fu abbandonata, forse in seguito ad un’invasione etrusca, e ad essa da allora fu assegnato il nome “Palepolis”, in greco “città vecchia”. Non lontano da essa, nella zona di fronte al monte Echia, nei pressi della foce del fiume Sebeto, fu invece fondato un nuovo insediamento urbano che fu appunto chiamato “Neapolis”, ossia “città nuova”.
La cultura e la tradizione popolare di Napoli
La città vanta una tradizione popolare estremamente ricca e nel tempo si è creata una precisa identità napoletana, nota nel mondo e spesso accomunata all’estero all’immagine del paese. I panni estesi lungo i vicoli, il sole e la pizza sono simboli del paese oltre che di Napoli.
Numerosi sono i simboli che possono riassumere la superstizione nella cultura popolare napoletana. Il corno, detto anche “munaciello” è l’espressione più tipica della superstizione che caratterizza il popolo di Napoli. Di origine napoletana sono la smorfia, un libro per l’interpretazione dei sogni finalizzato al gioco del lotto, e la tombola.
Il popolo napoletano è particolarmente devoto alla figura di San Gennaro. Il rito dello scioglimento del sangue del santo si ripete ogni anno come segno beneaugurante. Secondo la leggenda il suo mancato scioglimento è un cattivo presagio che annuncia una catastrofe imminente. Legati al culto religioso è l’arte del presepe che, sebbene non nasca a Napoli, si afferma in questa città.
L’arte e la musica napoletana
Napoli è stata da sempre un importante centro culturale nazionale ed europeo. Le numerose costruzioni monumentali e i prestigiosi musei cittadini ne sono la più chiara dimostrazione.
L’espressione artistica principale nella storia della città è senz’altro il barocco napoletano. Questo stile, che si afferma dopo il periodo rinascimentale, si riflette nelle facciate degli edifici monumentali, nei portali d’ingresso e negli scaloni. Sono questi ultimi gli elementi su cui si concentra l’architettura napoletana, vista la peculiarità urbanistica della città, la ristrettezza di spazi e l’impossibilità di lavorare a edifici con ampie facciate tipici di altre città.
Dopo l’apporto di pittori provenienti da altre città, tra i quali Giotto e Simone Martini, la pittura napoletana vera e propria si afferma nel XVII secolo con l’arrivo di Caravaggio in città. Attorno alla sua figura gravitano diversi pittori locali che ispirandosi al “caravaggismo”, aprono le prime botteghe napoletane.
Mentre nel XVIII secolo il tardo-barocco sposta il proprio interesse sull’arte decorativa, nel 1800 a Napoli si afferma un movimento artistico che supera gli stili del passato e segue l’influenza degli artisti romantici. Intorno al 1820 nasce la Scuola di Posillipo che ha nell’Accademia di Belle Arti il suo centro vitale. In tempi più recenti a Napoli si affermò un altro movimento pittorico, detto della Transavanguardia.
In città si sono affermate anche espressioni artistiche minori, tra queste la decorazione della porcellana particolarmente diffusa a Capodimonte e l’arte presepiale. Quest’ultima è un’attività artigianale che nata grazie a San Francesco d’Assisi nel 1223, è a tutti gli effetti diventata tipica della città di Napoli. Oggi in Via San Gregorio le varie botteghe espongono i modelli di presepe più belli ed originali del mondo.
La diffusione e lo sviluppo della musica sacra e profana a partire dal 1600 fu dovuta alla presenza di quattro importanti Conservatori dai quali uscirono importanti compositori fondatori della scuola musicale napoletana. Quest’ultima acquisì una posizione di preminenza nell’ambito della musica sacra e nell’opera. Ciò a tal punto che il padre di Mozart, scrivendo al figlio nel 1778, descriveva in termini positivi l’opera napoletana.
Nel 1808 i quattro preesistenti conservatori si fusero nel Conservatorio di San Pietro a Majella, che ospitò grandi musicisti quali Ruggero Leoncavallo, Vincenzo Bellini, Saverio Mercadante, Salvatore Accardo, Nicola Antonio Zingarelli e il direttore d’orchestra Riccardo Muti.