A distanza di otto anni dal suo ultimo lavoro ‘Fottili’, Ricky Portera ritorna con un nuovo progetto discografico intitolato ‘Perché io so’ io…. e voi non siete un cazzo’. Un album introspettivo, sofferto ma dannatamente diretto, composto da 8 brani che pone al centro l’essere umano e nel quale il chitarrista messinese si mette a nudo descrivendo le emozioni provate durante il lockdown. L’uscita del disco (prodotto dall’etichetta discografica Videoradio, Self Distribuzione) è anticipata dal singolo ‘Giorno normale’.
Chitarrista di fama internazionale, nella sua ormai lunga carriera ha collaborato con numerosi artisti tra cui Lucio Dalla, gli Stadio, Eugenio Finardi, Loredana Berté, Ron, Paola Turci e molti altri. Ricky ci ha cortesemente concesso un’intervista nella quale ci ha parlato della sua ultima fatica discografica, del suo passato e della scena musicale attuale.
Ciao Ricky, partiamo dal tuo disco in uscita ‘Perché io so’ io…e voi non siete un cazzo’: un disco autobiografico, introspettivo, nato e pensato durante il periodo del lockdown. Quali sono gli elementi caratterizzanti di questo disco?
‘Sicuramente è un disco autobiografico perché il lockdown è stato un momento di introspezione ma oltre che pensare e tradurre quello che avevo dentro ho pensato a tutta la tragedia che stavamo vivendo e che ci ha accomunato anche se dopo mi sono reso conto che la gente prosegue nel suo percorso nel bene e nel male… soprattutto nel male. A breve uscirà il singolo ‘Giorno normale’ ed è l’ultima canzone che ho scritto e l’ho scritta quando abbiamo ricominciato a vivere. Mi son reso conto che le cose più stupide davano un piacere incredibile e allora mi sono chiesto.. perché dobbiamo vivere sempre cercando cose che non possiamo magari ottenere quando anche andare a comprare il giornale è una cosa bellissima?’.

Questo disco esce ad otto anni di distanza da ‘Fottili’ sempre con etichetta discografica Videoradio di Beppe Aleo.
‘Ero molto restìo a fare questo disco ed è uscito su input di persone care che ho vicino perché mi hanno fatto capire che non doveva restare dentro ad un computer. Poi non l’ho fatto certo per vendere dischi perché non mi interessa. In questo panorama musicale dove io che faccio musica da più di cinquant’anni non capisco dove siamo andati a finire, non ho la velleità di entrare in questo minestrone dove non si capisce più nulla. L’ho fatto ripeto per lasciare un qualcosa del quale un domani si potrà dire.. di Ricky Portera abbiamo questo. Io ho fatto un disco nel 1990, uno nel 2007, due 2014 in cui è uscito anche l’album con Alberto Radius. Nessuno di questi volevo fare, primo perché non mi sento un artista commerciale e non faccio parte di quel pentolone di musica che oggi imperversa da tutte le parti. Quindi non sentendomi commerciale non ho tutta questa voglia di buttarmi a capofitto su progetti discografici. Per me è solo un pretesto per farsi ricordare. Io dico sempre, beato colui che lascia un sorriso, un ricordo valido. Pensa a Lucio..in vita è stato un grande artista ma a 10 anni dalla sua morte ancora lo ascoltiamo. Queste sono le cose che danno un senso alla vita che hai vissuto’.
Come nasce Ricky Portera chitarrista? Come è nato il tuo amore per la chitarra?
‘All’inizio non avevo amore verso la chitarra perché volevo suonare la batteria ma mi è stato impedito in ogni modo. La chitarra è stata una decisione di mia madre ma io non ne volevo sapere niente. Poi anche in virtù del fatto che mia mamma mi ha letteralmente spaccato una chitarra in testa, si vede che per paura ho cominciato a suonarla. Successivamente ottenendo dei risultati mi ha preso ed ho proseguito. Anche se io contrariamente a tanti miei colleghi non ho mai studiato. Dapprima ho cominciato ad accompagnare cantanti a 9 anni nella scuola di musica dove io e Vasco andavamo a studiare insieme. E da lì è venuto quello che è venuto. Non mi reputo né uno dei migliori né uno dei peggiori però quando suona Ricky Portera te ne accorgi dal suono, da come suona e questa è la cosa che mi interessa di più. Io faccio sempre una distinzione… ci sono atleti che lavorano al circo ed atleti che vanno alle olimpiadi. Ci dovrà pur essere una differenza no?’ A parità di qualità, uno ti vuole stupire con effetti speciali l’altro si fa il mazzo per arrivare’.
Vasco Rossi ti ha definito il vero chitarrista rock che abbiamo in Italia. Parlaci del tuo rapporto con lui.
‘Con Vasco ci conosciamo da bambini, abbiamo frequentato la stessa scuola di musica, andavamo a fare i concorsi insieme. Dopodiché lui ha scelto un’altra via, ha cominciato a fare il dj, io suonavo ma ci siamo frequentati fino alla prima apparizione in tv di Vasco mi sembra con Renzo Arbore. Io già lavoravo con Lucio e lui collaborava con Solieri che ha scritto cose bellissime per Vasco. Poi un pò di incomprensioni, di gelosie ma suonare con Vasco è uno dei miei più grandi desideri ma magari non è il suo (ride n.d.r) .
Sei sempre stato un musicista dotato di una grande sensibilità e di una grande capacità comunicativa ma hai sempre dimostrato di non scendere a compromessi. Sei contento delle scelte che hai fatto nella tua carriera?
‘ Magari fossi stato un pochino più puttanella avevo una casa mia ( ride, n.d.r), ma non rimpiango niente di quello che ho fatto perchè quello al quale ho rinunciato l’ho fatto con grande lucidità, vedi quando ho lasciato Lucio, gli Stadio. Questo discorso si lega al mio nuovo disco, non mi piace quando le persone, soprattutto quelle che hai intorno, non sono sincere, sono arriviste, opportuniste, bugiarde con se stessi che è la cosa peggiore. Il titolo del disco non è rivolto la mio valore musicale perchè non sono così presuntuoso ma perché intorno vedo guerre, prevaricazioni che fanno certe persone che hanno interessi sulla droga, sulle armi, sulle medicine che è una cosa gravissima. Io mi sento un dio rispetto a loro perché non farei male ad una mosca e queste persone per me sono solo vermi che strisciano e con le quali non voglio avere niente a che fare. Da qui il titolo ‘Io so’ io e voi non siete un cazzo’, perché io ho i miei valori che sono grandi ma tante persone non li hanno e per me sono persone inutili’.
Personalmente ritengo che il tuo solo di chitarra su ‘Ayrton’ sia uno dei più espressivi ed emozionanti. Sei d’accordo?
‘ Assolutamente si anche perché è stato il più spontaneo ed il più, emotivamente parlando, profondo perché è un solo che mi è venuto buono alla prima (Malavasi era lì con me). Mi hanno passato il pezzo, io ho suonato quello che sentivo in quel momento. Stavo tornando da un concerto degli AC/DC a Bologna, erano le due di notte, sono passato dallo studio e Lucio mi chiese se mi andava di fare il solo su Ayrton. Avevo il mio Marshall in studio, la mia chitarra giallo e nera e ho registrato. Alla fine ha detto.. ok ho capito, buonanotte ( ride n.d.r).
Tra gli artisti con cui hai collaborato, chi ricordi con più piacere?
‘ Lucio lo ricordo con piacere perché le cose che ho imparato le ho imparate da lui anche se a volte in malo modo perché Lucio non era tutto rose e fiori come si può pensare. Lucio aveva una grinta nel dire le cose, ti creava e ti distruggeva. Però a lui devo molto. Un’altra persona che ricordo con grande piacere è Eugenio Finardi. Con lui ho vissuto un tour pazzesco grazie anche ad una band fantastica. Di tanti altri preferisco non parlare e non dargli importanza’.
Cosa pensi della scena musicale attuale?
‘ Io ritengo che la musica sia come la cucina, perché ad esempio a tanti piace la pasta al ragù e ad altri non piace. Io non mangio carne rossa, non mangio coniglio. E’ una questione di gusti. Io sono stato molto criticato perché ho detto che i Maneskin non mi dicono niente di nuovo. Ma non ho mai detto che non mi piacciono perché non sono bravi. Ho detto non mi piacciono perché ho vissuto un periodo storico della musica nella quale questi look, questi stili li ho già visti. Quindi non mi posso stupire. Sono stato abituato nel bene e nel male con cantautori che scrivevano brani che erano delle poesie. Prendi un brano come Cara, La donna cannone.. sono poesie. E quando io sento testi che partono con parole tipo ‘portami a bere un aperitivo, stiamo sulla spiaggia‘, non li reggo. Però se è questo che piace ok. Ad ognuno il suo, poi faranno i conti con la propria coscienza ( ride n.d.r.). Io vengo dai Genesis, dagli Yes, musica che aveva contenuti. Come faccio ad amare uno che mi dice una marea di parole e che magari cerca solo le rime?’.
Nel film Borotalco di Carlo Verdone è presente il famoso pezzo degli Stadio ‘Grande figlio di puttana’ a te dedicato…
‘ E’ una canzone nata nel periodo in cui lavoravo con Finardi e stavano facendo il primo disco gli Stadio. Lucio non gradiva molto che i suoi musicisti andassero a lavorare con altri. Era un pò geloso perché noi eravamo la sua famiglia.. Però attenzione, ‘Grande figlio di puttana’ è nato perché spesso andavo in studio e registravo delle chitarre solamente su un click. Una volta Marco Nanni mi disse.. appena sei uscito dallo studio Lucio si è messo ad ascoltare le cose che hai fatto e ha detto.. guarda sto figlio di puttana che anche quando non c’è ci lascia delle cose sulle quali lavorare e.. l’hanno voluto dedicare a me’.
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