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Bakmut il “tritacarne”, l'”inferno”. Nella sua battaglia è enorme il numero di perdite di vite umane che si registra sul campo. Intorno ad essa si è consumato un’altro episodio della diaspora tra Prighozin, capo della compagnia privata Wagner (PMC-Private Military Company), e il Ministero della Difesa Russo.

Il capo della Wagner aveva minacciato, e contemporaneamente comunicato, che le sue truppe avrebbero lasciato il saliente di Bakmut il 10 maggio. Il giorno successivo alle celebrazioni solenni per la vittoria sui nazisti. Una messa in scena secondo alcuni. Prighozin accusava il Ministero della difesa di inadempienza; le sue truppe non ricevevano i necessari rifornimenti di munizioni e, al culmine dello sforzo, non sarebbero state in grado di condurre altre azioni.

Col ritiro delle milizie di Prighozin la responsabilità del settore sarebbe passata alle truppe cecene di Kadyrov, le Akhmat, che si sarebbero insediate dopo aver lascito le posizioni, ad est, da assegnare ad altre unità.

L’inopportunità tattica di questi movimenti avrebbe indotto il Generale Gerasimov, comandante in capo delle operazioni in Ucraina, a promettere a Prighozin la normale ripresa delle forniture dei colpi di artiglieria per le truppe Wagner su Bakmut. Ma è molto probabile che il Generale abbia agito per ordine di Putin. Il capo del Cremlino avrebbe giudicato troppo rischioso sguarnire, anche per poco tempo, le linee di difesa già organizzate. Intanto i russi continuano a predisporre e posizionare strutture difensive sulle linee del fronte in previsione della controffensiva ucraina. Viene valutato che vogliono consolidare le difese per arrivare fino all’estate e poi riprendere l’iniziativa.

La minaccia di Prighozin è stata anche definita sindrome da protagonismo perché non avrebbe mai lasciato Bakmut. Da questa vicenda emerge, ancora una volta, che il capo della Wagner ma anche Kadyrov sfuggono al totale controllo del Ministero della Difesa e del Gen. Gerasimov.

Attesa per la controffensiva

L’ organizzazione della difesa russa, precedentemente accennata, si collega ad una dichiarazione contenuta in una intervista rilasciata dal Ministro della Difesa ucraino al Washington Post il 7 maggio. Per il Ministro ci sarebbe troppa “attesa” e “sopravvalutazione” intorno alla controffensiva ucraina. C’è chi legge ansia in queste parole. Ma sono dettate dal fatto che, con le fortificazioni che la Russia sta mettendo in atto su tutta la linea del fronte, è difficile prevedere dove potrà arrivare il contrattacco ucraino.

Gli ucraini si stanno preparando ma avvertono su di loro la pressione e la responsabilità del dover fare bene. La controffensiva ci sarà ma temono di non riuscire a fare abbastanza per soddisfare non solo se stessi ma anche chi li sostiene. Guardano all’Europa, all’occidente, a cui si sentono di appartenere e lo hanno anche dimostrato festeggiando la vittoria sui nazisti l’8 e non il 9 maggio. Sono anche preoccupati per la crescita, negli stati amici, di quella che viene definita l’“Ukraine fatigue”, la stanchezza dell’Ucraina dovuta alle conseguenze di una lunga guerra di logoramento, che si ripercuote anche all’esterno dell’Ucraina stessa.

La riuscita della controffensiva è importante. Per Kiev l’esito del campo è fondamentale per non essere costretti a sedersi ad un tavolo negoziale sotto la pressione di Mosca.

La preoccupazione comunque rimane e gli ucraini vogliono scrollarsi di dosso l’ansia da prestazione.

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