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Gli iraniani sono insoddisfatti per le condizioni socio-economiche oltre che per le limitazioni sulle libertà. Il disagio tra la popolazione si fa sempre più evidente. E forse per questo che qualcosa di inaspettato è accaduto durante un discorso di Khamenei agli studenti Basij. Mentre la guida suprema argomentava su come fosse difficile guidare il paese, uno dei giovani presenti lo ha interrotto dicendo che i funzionari “…non ascoltano la voce della gente…”. I tentativi di deviare la questione da parte di Khamenei sono stati vani. Altri presenti chiedevano di rispondere. L’episodio proprio perché insolito non va sottovalutato in quanto, come viene evidenziato da osservatori esterni, gli ammessi a queste manifestazioni vengono selezionati con cura dalla sicurezza; il regime non vuole e non ama imprevisti. Il malcontento si sta incuneando anche tra i più fedeli al regime? presto per dirlo.

Di sicuro prendono sempre più spazio le discussioni interne su un referendum che secondo la costituzione iraniana può essere chiesto nei termini previsti dall’art. 59.

Una consultazione referendaria, già avanzata a febbraio dall’ex primo ministro Mir Mousavi e successivamente da altre eminenti personalità, adesso viene anche domandata della gente. Dopo la preghiera di venerdì scorso nella città di Zâhedân, capoluogo delle provincie del Sistan-Beluchistan, i fedeli intervenuti hanno chiesto proprio un referendum. In quella città opera il religioso sunnita Abdol Hamid che da tempo critica il regime per la repressione brutale messa in atto contro il movimento di protesta “Masha Amini”, per le politiche economiche e per la discriminazione nei confronti degli abitanti di quelle provincie a maggioranza baluci e sunniti.

Il velo prima di tutto

Pur non riuscendo a porre rimedio ai problemi economici il regime si impegna sempre con più forza per il rispetto del velo obbligatorio. Si registrano tensioni e scontri tra i sostenitori dell’obbligo e i contrari. Tra gli intransigenti fedeli al regime e i più aperti al cambiamento.

La stretta sull’ obbligo si abbatte sempre più anche sui commercianti e i proprietari di esercizi pubblici che non fanno rispettare l’imposizione; su quest’aspetto il LEC (Law Enforcement Corp) è molto vigile.  

Molti mettono in stretta relazione il rispetto dell’obbligo del velo e gli avvelenamenti tra gli studenti, specialmente donne. L’Iran ha anche declinato l’offerta di collaborazione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per ricercare la causa dei fenomeni. Alcuni medici avrebbero rivelato al Post di essere stati invitati a diagnosticare forme di stress anziché di avvelenamento.

Negli ultimi giorni la maggiore quantità di intossicazioni si sono registrate a Qom, la città sacra, dove sono sempre più stringenti, severi, i controlli e le punizioni contro la violazione del vincolo del velo.

Proprio per questo, da più parti, gli avvelenamenti vengono percepiti come una forma di intimidazione nei confronti di chi pensa di non sottostare alla legge sul velo obbligatorio.

Il regime sta ricevendo da gran parte della popolazione pressioni per un cambiamento. Non sembra voler raccogliere tali istanze ma neanche sembra capace di porre rimedio a questioni di vita quotidiana. Per ora va avanti per la sua strada e neanche alcune proposte provenienti da ambienti istituzionali sembrano fargli cambiare linea.

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