Gli avvelenamenti tra gli studenti continuano ma la reazione del regime è molto tiepida. Viene anche notato che il sistema, il potere, contrasta con brutalità le proteste dei genitori e degli studenti preoccupati per il perdurare dei fenomeni. C’è anche una strategia del terrore messa in campo. Chi si lamenta e diffonde notizie sull’argomento e sugli episodi rischia il carcere. La stampa affiliata all’IRGC (Islamic Revolutionary Guard Corp) minimizza i fatti e li attribuisce a “malizia adolescenziale”. Come a voler dire tutto inventato per evitare le lezioni.
Ancora una volta sugli avvelenamenti è intervenuto il leader religioso sunnita Abdol Hamid, della provincia Sistan-Belucistan. Considera l’intensificarsi degli episodi come condizione di grande insicurezza per il paese. Critica apertamente chi non è ancora riuscito ad identificare i colpevoli delle intossicazioni e dice che bisognerebbe porre lo stesso impegno che viene messo per perseguire, con mezzi elettronici, chi non indossa il velo.
Infatti sono aumentate le misure per contrastare la disobbedienza sull’uso obbligatorio del velo. I controlli e le sanzioni contro le donne diventano anche digitali. Mostrarsi senza copricapo è una forma di disobbedienza civile. Le forze del LEC (Law Enforcement Command) inviano messaggi di avvertimento alle donne che contravvengono.
Chi è ritenuta colpevole può subire il ritiro della patente, del passaporto e l’inibizione da internet. Ma le donne non ci stanno, vanno avanti mostrandosi senza copricapo. Via il velo anche in luoghi simbolo come nell’area della tomba del generale Qasem Soleimanei, considerato eroe nazionale. Ai controlli dei varchi di accesso alla metropolitana fanno lo stesso. Per la loro libertà, donne coraggiose sfidano i modelli comportamentali e gli obblighi sull’abbigliamento imposti dal regime.
La maggioranza degli iraniani chiede una inversione di rotta anche sulle questioni economiche e sociali che stanno affliggendo il paese. Lo fanno anche alcuni politici ed eminenti personalità. Si invocano azioni urgenti e necessarie per la modernizzazione del sistema di governo.
C’è anche un dibattito che ruota attorno alla proposta di referendum su politica interna, estera ed economica avanzata dall’ex presidente Rouhani. La sua proposta non mette in dubbio l’essenza della Repubblica Islamica. Cosa che invece prevederebbe il referendum auspicato dall’ex primo ministro, ora ai domiciliari, Mir Hossein Mousavi.
Il leader supremo Khamenei stronca sul nascere qualunque idea riformista e ancor più quella di un qualsiasi referendum che non risolverebbe, a suo dire, i problemi dell’Iran che comunque ci sono.
Il regime fa atto di forza e chiude su tutto.
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