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L’attacco del 7 ottobre contro Israele ha determinato, nell’immediato dei fatti, la solidarietà verso il popolo israeliano. L’attacco di Hamas è subito stato etichettato come terroristico e criminale. Tutti concordi, i leader occidentali, sul fatto che Israele aveva diritto di difendersi e che gli ostaggi dovevano essere restituiti senza contropartita. Di parere invece diverso molti leader arabi che vedevano nell’atto di Hamas la conseguenza legittima di anni di oppressione di Israele verso il popolo palestinese.

Di li a poco però, anzi pochissimo, si è innescata una serie continua di proteste contro la reazione, diritto a difendersi, di Israele. Giudicata impropria, non legittima, al di fuori del diritto internazionale e di quello di guerra. Le piazze arabe, ed era prevedibile, si sono riempite ed infuocate al grido di abbasso Israele.

Ma anche molte di quelle occidentali si sono riempite di manifestanti contro Israele. Talune anche pro Hamas associando questa con la causa palestinese, senza discernere situazioni e comportamenti da effetti storici, demografici ed umani.

La solidarietà delle piazze per Israele è durata pochissimi giorni. Neanche. Forse le poche ore che separano il sorgere del sole dal suo tramonto. Più passavano i giorni e più riemergeva quell’atavico antisemitismo nascosto in molti.

Adesso, dopo più di un mese da quel 7 ottobre, il rischio del dilagare di questo sentimento “contro” è evidente. L’antisemitismo sta mettendo a dura prova le democrazie occidentali. Se l’antisemitismo, cosa diversa dall’antigiudaismo, è stato appannaggio dei nazisti (Germania) e dei fascisti (Italia) durante la seconda guerra mondiale ora sembra non avere confini né geografici né politici e tantomeno ideologici. Un sentimento trasversale.

I pregiudizi e le narrazioni antisemite, che c’eravamo illusi fossero scomparsi, stanno riemergendo nel vecchio continente. È la constatazione, amara, che le società europee non si sono mai totalmente scrollate di dosso questi impulsi. Nonostante gli sforzi dell’Unione Europea e dei singoli Stati per combatterlo.

In tutti i paesi europei le manifestazioni antisemite, intese non solo come movimenti di masse nelle piazze, sono in aumento e si registrano in modalità e aspetti diversi. Stelle di David compaiono, come 80 anni fa, su mura di abitazioni o di negozi di ebrei; lapidi di soldati ebrei che combatterono la 1^ guerra mondiale vengono danneggiate; pietre di inciampo divelte o imbrattate; bandiere di Israele strappate e vilipese non solo nei cortei; atti di bullismo verso studenti adolescenti ebrei; scritte anti Israele che inneggiano “Palestina libera” e “la Palestina sarà libera”. C’è stata anche la caccia all’aereo israeliano. Ad ogni manifestazione contro l’operato di Hamas se ne contrappone una contro Israele. Anche nelle università. Le manifestazioni di pace, che sono giuste perché la guerra esacerba i problemi più che risolverli, a volte non riescono a nascondere i sentimenti anti Israele.

Gli ebrei sono tornati ad incarnare il male. L’odio razziale, perché è di questo che si parla, si sta facendo subdolamente strada. E a placare gli animi non contribuiscono alcune dichiarazioni di molti leader dei partiti europei che spesso, e volutamente, contrappongono i diritti dei palestinesi con quelli degli israeliani.

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