Le proteste, mai sopite, sono in ripresa in molte provincie dell’Iran. Aumentano le manifestazioni di dissenso contro l’incremento delle esecuzioni capitali. Altre persone che avevano aderito alle proteste del movimento Masha Amini sono state giustiziate i giorni scorsi. L’Iran Human Rights riporta che il mese in corso è quello più sanguinoso degli ultimi 5 anni. Senza una forte e concreta presa di posizione internazionale non c’è speranza che il regime desista da questa pratica, utilizzata con troppa disinvoltura per intimidire la popolazione e mantenere saldo il potere. Alcuni manifestanti gridano “il regime islamico è l’assassino degli iraniani”.
Le proteste si rivolgono anche alle politiche economiche. L’economia risente delle sanzioni internazionali. L’Iran cerca di affievolirle e/o di aggirarle intavolando accordi con stati amici. Ci sono quelli commerciali con la Siria che mirano anche alla creazione di una zona franca di libero scambio. L’idea è quella di istituire un corridoio che passando attraverso il valico di Al-Qa’im (sul confine iraniano-iracheno) arriva fino al porto di Latakia in Siria.
Ci sono quelli con la Russia e l’Azerbaigian. Tra i tre paesi c’è un memorandum che fissa i punti per un accordo sulla costruzione della ferrovia da Rasht (Iran) ad Astara (Azerbaigian), 162 Km di strada ferrata. Poca cosa se presa a sé stante ma importante se si considera il suo inserimento nel completamento di una opera più ambiziosa: il collegamento Sud-Nord. Questo parte da Bandar Abbas (nella provincia di Hormozgan, Iran, Golfo Persico), passa per Rasht ed Astara, va in Russia e prosegue per il Nord Europa. L’opera favorirebbe anche gli scambi commerciali dell’India che attraverso i golfi di Oman e Persico si immetterebbero sulla ferrovia a Bandar Abbas e raggiungerebbero l’Europa evitando il canale di Suez che ha elevati costi di transito.
Tutto ciò non basta a tranquillizzare la politica interna. Le riforme sono alla base del progresso politico-economico. Anche amministratori di spicco del regime lo dicono, non sono solo i moderati ed i riformisti. L’attuale presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, è un pragmatico di fatto. Da tempo spinge per una riforma della politica e di conseguenza dell’economia.
Ghalibaf ha più volte esortato il governo del paese, il presidente Raisi, ad adoperarsi in tal senso. La sua visione però non piace agli intransigenti più duri, del Fronte di stabilità, che cercano di ostacolare il progetto.
Il governo iraniano è sotto tiro e con l’approssimarsi dell’estate deve affrontare anche il problema della siccità che è molto sentito nelle provincie del Sistan-Baluchistan. Gli abitanti di quei territori si sono uniti alle proteste del movimento Masha Amini e accusano il regime per la violenza e per le politiche discriminatorie attuate nei loro confronti. La scarsità delle risorse idriche potrebbe alimentare ulteriormente le proteste e quindi tensioni. L’acqua e vitale per l’irrigazione dei campi da coltivare che assicurano l’economia di “sopravvivenza” di quelle provincie. Sarà una sfida per il presidente Raisi perché l’acqua necessaria a rifornire i bacini idrici proviene dall’Afghanistan dei talebani che non sono proprio amici del regime iraniano.
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