-di Luca Nappo
In una celebre battuta di Boris il sociopatico Stanis La Rochelle recita queste parole:
“Io considero Kubrick un incapace! Lo considero il classico esempio di instabilità artistica. Abbia pazienza! È uno che affrontava un genere, falliva e passava a un altro genere”.

È stato necessario scomodare il grande maestro, decidete voi se Stanis o Stanley. Si, perché in qualche modo questo secondo appuntamento in cui sfruttiamo le nomination agli oscar di quest’anno per parlare di piccole gemme nascoste ci mette davanti ad un autore che nel suo piccolo può essere descritto perfettamente da questa citazione: Andrew Dominik.
Il suo ultimo e discussissimo film Blonde ha permesso alla straordinaria Ana de Armas di ottenere la sua prima nomination agli Oscar come miglior attrice protagonista. Allo stesso tempo ha anche ottenuto 8 candidature ai Razzie Awards. Il regista ha poi in attivo due documentari, un mediocre film biografico su di un criminale australiano, un noir gangster un po’ moralista ed infine quello che più ci interessa. Un piccolo capolavoro western che racconta l’ultimo anno di vita di uno dei più famosi banditi statunitensi.
L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è una perfetta analisi della cultura americana. Una pellicola in cui nessuno è davvero innocente né davvero colpevole. Un film in cui i protagonisti sono perfetti interpreti di un dramma che segnò la fine del mito dell’eroismo e l’inizio dell’ossessione per la celebrità.
Uscito nel 2007, ora è disponibile su Sky e NowTV. Adattato dall’omonimo romanzo di Ron Hansen racconta le gesta di Jesse Woodson James – Brad Pitt. Jesse è un confederato sudista che, finita la guerra civile, diventa fuorilegge. Mentre rapina banche e treni rivendicando di voler riprendersi ciò che l’unione gli ha tolto entra a far parte della sua banda il suo futuro assassino Robert Newton Ford – Casey Affleck.
Questo film è ricordato sia come un immenso flop botteghino sia per l’ottima accoglienza che la critica gli riservò, tanto da rientrare in numerose Top 10 di quell’anno. Inoltre portò a vincere Pitt la Coppa Volpi ed ottenne due nomination agli Oscar, per miglior attore non protagonista ad Affleck e miglior fotografia a Roger Deakins (il quale è stato poi premiato per gli incredibili Blade Runner 2049 e 1917).
A rendere grande questa pellicola è infatti la perfetta commistione tra le ottime interpretazioni e le strabilianti immagini messe su schermo.
Questa leggenda americana di fino ‘800 viene narrata con uno stile che ricorda quasi una serie di foto del tempo. Gli immensi paesaggi del Missouri rurale si stagliano alle spalle di Jesse e della sua banda e accentuano la concretezza del racconto rompendo quel velo tipico delle favole che facilmente può cadere su queste storie. Tutto sembra infatti riportare l’attenzione sul fatto che per quanto siano grandi le gesta dei nostri protagonisti, ne sono un esempio James e i fumetti a lui ispirati o Ford che mette in scena senza sosta l’omicidio perpetrato, questi pistoleri siano in realtà dei semplici e spietati umani.
Soggetti come tutti a dover sottostare ai loro desideri che li rendono imprevedibili, ambigui, sospettosi e meschini. In numerose scene inoltre è il silenzio a farla da padrone. Le discussioni sembrano considerate inutili. Il momento dell’assassinio dimostra tutta la forza di questa scelta.
Ci si limita a dire ciò che si pensa e a fare ciò che si ritiene utile e necessario. Portando così alla distruzione dei personaggi e alla creazione di meri esseri che non desiderano altro che sopravvivere in un mondo che li rigetta e che viene rappresentato ad arte dai lunghi piani che ritraggono paesaggi innevati, brulli e ostili.
Insomma questo western che forse ha anche aperto un po’ la strada a questo genere nel nuovo millennio non è un film sul west. È piuttosto una cronaca sadica e spietata di ciò che si nasconde dietro al vetro sporco del sogno americano che spinge chiunque a diventare i propri idoli. Solo violenza e manipolazione, egoismo e ovviamente codardia di non riuscire ad essere se stessi.
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