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La rivista britannica Classic Rock inserisce senza riserve Harvest Moon, tra i migliori dischi del 1992 con la seguente motivazione: “Può essere un po’ controverso nominare un album così retrò come disco dell’anno. Molti fan del rock, riflettendo sulla scena primi anni novanta, penseranno a cose più alternative, Grunge, come a riferimenti più corretti, al passo, rispetto al periodo. Eppure va riconosciuto a Neil Young di aver creato un’opera così bella, significativa e disarmante, capace di superare il concetto stesso di tempo, un po’ come ci hanno abituati altri autori come Bob Dylan, Jackson Browne e Van Morrison.” 

La vera grandezza di quest’opera è che ancora oggi, dopo trent’anni, suona fresca, vitale: urgente. Qualità innata nell’opera di Neil Young, che prende a modello, in termini di ispirazione dal filosofo Ralph Waldo Emerson. Sono state fatte diverse speculazioni sulla relazione tra questo lavoro e l’album quasi omonimo pubblicato nel 1972, Harvest. Non è un caso se per molti Harvest Moon sia da considerare quasi come una sorta di sequel, realizzato esattamente vent’anni dopo. 

In effetti entrambi i dischi sono stati registrati a Nashville: i musicisti coinvolti avevano già preso parte al lavoro del 1972, motivo per cui possiamo riascoltare certe atmosfere, principalmente legate al suono prodotto da Ben Keith alla pedal steel guitar, Tim Drummond al basso e Kenny Buttrey alla batteria. Ci sono punti di contatto innegabili tra le due opere per quanto riguarda il concept, ma soprattutto in termini di arrangiamento e di una ritrovata vena poetica da parte di Young.

Neil Young disse: “Le persone vedono la correlazione tra i due dischi, ed è una specie di vantaggio poter tornare indietro di 20 anni, vedere le stesse persone e poterlo realizzare. Ma il senso degli album è diverso, anche se l’argomento è simile, quindi tendo a rifuggire di più dai confronti tra di loro.” 

Il cantautore canadese aveva trascorso gran parte degli anni Ottanta sperimentando stili molto diversi, dall’elettronica al rockabilly, fino al rock più marcatamente elettrico, martellante. Prima di Harvest Moon aveva esplorato i limiti estremi del rumore della chitarra elettrica con Ragged Glory (1990) registrato insieme alla sua band: i Crazy Horse. In questa luce, il ritorno di Young al suo stile predominante anni Settanta è stato letto come un’ulteriore svolta per il suo stile.

Mentre la maggior parte dei fan e dei critici di vecchia data hanno apprezzato questa mossa, alcuni hanno trovato il suo ritorno a certe atmosfere acustiche un po’ meno ispirato rispetto al passato.

La traccia di apertura di Harvest Moon è “Unknown Legend”, una canzone di romanticismo e immaginazione che racconta di una donna avventurosa che si è stabilita nella relativa oscurità della vita domestica di mezza età. Il suono è volutamente retrò e un po’ inquietante, per merito di un riverbero profondo, dove gioca un ruolo chiave l’arrangiamento acustico, scarno, capace di imprimere una certa atmosfera sostenuta in special modo dall’armonizzazione di Linda Rondstadt. I testi della canzone sono al contempo agrodolci, poetici. “From Hank to Hendrix” è una canzone country-rock autoriflessiva che parla delle diverse influenze di Young ed è guidata da un potente riff di armonica. Musicalmente suona come se avesse tratto ispirazione da artisti più giovani come ad esempio Tom Petty, che a loro volta sono stati influenzati da Neil Young, The Byrds e Bob Dylan

“You and Me” è il collegamento più diretto con Harvest, con elementi che richiamano a brani come “Old Man” e “Needle and the Damage Done”. È una ballata personale e introspettiva con un arrangiamento di sola chitarra acustica e voce di Young e Nicolette Larsen che esegue delle pregevoli armonizzazioni. Ciò che rende veramente questo disco così intenso e importante per la carriera del Nostro è senza dubbio Harvest Moon, la title track. La canzone celebra la longevità nelle relazioni amorose con una melodia impeccabile, supportata da un perfetto arrangiamento musicale. Dal riff acustico iniziale alla pedal steel possiamo ascoltare e cullarci attraverso suoni eterei: morbide pennellate sulla batteria, splendide voci di sottofondo. 

Questo brano cattura l’essenza della bellezza e del romanticismo così come qualsiasi canzone memorabile dovrebbe essere in grado di ottenere. La parte centrale dell’album contiene un altro paio di classici di Neil Young. “War of Man” è folk oscuro con un’aura di genere Americana; qui Young commenta le tendenze distruttive dell’umanità. Contiene un inquietante arrangiamento acustico con qualche interessante tocco di Drummond al basso, che irrompe in un ritmo quasi rock verso la parte conclusiva. Rispetto alla cinica “War of Man”, la canzone successiva “One Of These Days” non potrebbe essere più diversa nel tono. È una canzone di gratitudine e apprezzamento di amici e conoscenti, impostata su un ritmo stile Nashville, supportato da melodie e armonie davvero intense. 

Da questo momento in poi l’album diventa più vario, per merito della ballata orchestrale pianistica “Such a Woman” e di “Old King”, concludendo poi con due brani esemplari come “Dreamin’ Man” e “Natural Beauty”. Quest’ultima è una dolce canzone che usa la natura come allegoria dell’amore.

Harvest Moon è il 21esimo album di Neil Young che ci conduce con mano dalle parti di Harvest, Comes a Time e Old Ways, in termini di ispirazione, suono, concept. 

L’attrezzatura analogica anni Settanta è stata utilizzata al posto della registrazione digitale per ottenere una sensazione più calda. Non va visto né tantomeno ascoltato come il sequel del disco che lo aveva preceduto vent’anni fa. È da considerare invece come un nuovo progetto teso ad affrontare i miti che hanno costellato la carriera del cantautore canadese, la cui conclusione sarà trovata nel successivo e doloroso Sleeps with Angels. In tal senso Harvest Moon rappresenta il lato solare di questa nuova ricerca. Neil Young ci arriva nel 1992 abbassando i toni, riproponendo steel guitar, armoniche struggenti e sensuali controcanti femminili, dopo che con Ragged Glory e Weld aveva chiuso un altro cerchio, quello della ricerca sonora del suono chitarristico perfetto. Audace e distorto, posto a sigillo del ritorno con il rock più autentico al centro della musica contemporanea nella stagione del Grunge.

Ascoltando Harvest Moon troviamo un autore capace di trasmettere serenità, ma al contempo sintonizzato con la vita, capace di emozionarsi ed emozionare. Natural Beauty è il suo livello massimo di maturità, una ballata divina, in cui le voci femminili conferiscono un tocco magico, irripetibile. Poeta dell’Ontario, in viaggio tra noi.

Data di uscita: 2 novembre 1992. Etichetta: Reprise Records. Prodotto da Neil Young e Ben Keith. Il disco ottenne buoni risultati in termini di vendite, dati confermati da sette dischi di platino conquistati in Nord America.