Filippo Turetta aveva installato un’app spia di sul cellulare dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, che è stata uccisa l’11 novembre e ritrovata una settimana dopo vicino al lago di Barcis. Turetta controllava ogni aspetto della sua vita, dalle telefonate ai messaggi e alle applicazioni. Quattro giorni prima dell’omicidio, il giovane studente di Ingegneria avrebbe pianificato di rapire la sua ex-ragazza, la ventiduenne Giulia, e di farle del male. Il suo piano è stato descritto come spietato.
Gli inquirenti lo descrivono come un progetto costruito nel dettaglio. Non solo procurandosi quanto necessario per aggredire e sbarazzarsi dell’ex fidanzata (su internet sono emerse le ricerche relative a «nastro isolante, manette, cordame, badili, sacchi neri»). Turetta avrebbe infatti studiato minuziosamente i passaggi della fuga («soldi contanti, abiti puliti, provviste, per ridurre al minimo il contatto con terzi»).
COSA È EMERSO DALLE INDAGINI
La conclusione dell’inchiesta da parte della procura di Venezia sul reo confesso dell’omicidio della giovane studentessa di Ingegneria biomedica, che ha scosso l’Italia e cambiato il dibattito pubblico sulla violenza di genere, rappresenta un salto nel buio.
La procura ha raccolto molte prove che sono decisive per inchiodare Turetta, tra cui la premeditazione, la crudeltà, l’efferatezza, il sequestro di persona, il porto d’armi, l’occultamento del cadavere e lo stalking. Sono 75 le coltellate che Turetta ha sferrato a Giulia, molte delle quali anche al volto.
Secondo gli inquirenti, il ragazzo di 23 anni di Padova aveva pianificato l’omicidio di Giulia Cecchettin nei minimi dettagli, compreso l’occultamento del cadavere e la sua fuga. Tra le prove ci sarebbe un file sul computer di Turetta, in cui aveva scritto come legare Giulia con il nastro adesivo alle mani, alle caviglie e alle ginocchia, oltre a coprirle la bocca. Questo file è stato cancellato e poi recuperato dagli esperti informatici. Le indagini sono state guidate dal procuratore capo Bruno Cherchi e dal sostituto Andrea Petroni, e condotte dai carabinieri del comando provinciale di Venezia.
Turetta aveva cercato anche le località di montagna nelle quali l’omicidio avrebbe potuto essere più facilmente attuato e il corpo occultato (cosa effettivamente avvenuta poi nei pressi del lago di Barcis, in Friuli). E si era procurato anche cartine stradali cartacee per non lasciare tracce durante la fuga. La procura ha accolto il lavoro fatto dai difensori della famiglia Cecchettin, Nicodemo Gentile e Stefano Tigani, che hanno raccolto i messaggi e le dichiarazioni delle amiche di lei che certificherebbero lo stalking e le intimidazioni ai danni di Giulia. Ora la parola passa al gup ma Turetta rischia l’ergastolo.
LE PAROLE DEL PAPÁ DI GIULIA
“Vorrei restarne fuori il più possibile, tenermi un po’ a distanza. Indipendentemente da come evolverà il processo, che a me non darà particolari preoccupazioni, nulla mi potrà ridare mia figlia”. Sono queste le parole di Gino Cecchettin, il padre di Giulia, dopo che la procura ha annunciato la conclusione delle indagini a carico di Filippo Turetta in cui sono emersi particolari agghiaccianti.
Giornalista pubblicista iscritta all’Ordine della Lombardia