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l’Iran è afflitto da problemi economici e non solo. Il Presidente Raisi per risollevare il paese, oltre che sé stesso dalle critiche, stringe accordi con il presidente siriano Assad. Vuole che l’Iran diventi il principale partener per la ricostruzione materiale della Siria dopo un lungo periodo di guerra civile. Damasco è anche rientrata nella Lega Araba, dopo la sospensione avvenuta nel 2011, e tale circostanza potrebbe essere sfruttata da Teheran per aggirare le sanzioni internazionali a cui è sottoposta. l’idea è quella di creare una zona “franca di libero scambio” tra Iran, Iraq e Siria. Un corridoio commerciale che passando attraverso il valico di Al-Qa’im (sul confine iraniano-iracheno) arriva fino al porto di Latakia in Siria.

Nel paese invece è sempre più acceso il dibattito politico su come rispondere ai bisogni, materiali e sociali, della popolazione. Moderati e riformisti si interrogano sul futuro.

Per l’ex presidente Khatami le riforme sono necessarie. Servono a disinnescare la politica autodistruttiva messa in atto dal governo che va riformato per la sopravvivenza stessa della Repubblica Islamica. E andando oltre afferma che la “la rivoluzione ha deviato dal suo percorso”. Le riforme di cui parla Khatami sono di tipo strutturale ma non di stravolgimento del regime. C’è anche chi va oltre e chiede cambiamenti epocali attraverso un libero referendum per decidere se cambiare o redigere una nuova costituzione.

Nuove restrizioni in arrivo

Il governo, il regime, non sembra interessato a questi dibatti interni e tira diritto per la sua strada. Non fa accenni a cambiamenti e neanche ne discute. Anzi vuole incrementare le restrizioni. Il Presidente Raisi ha inviato al parlamento un disegno di legge per disciplinare le proteste. Nei centri urbani vanno individuati dei luoghi dove svolgere proteste autorizzate. Sarà più facile individuare gli anti regime se le manifestazioni, quelle permesse, avverranno negli spazi indicati.

Contemporaneamente la magistratura sta elaborando un disegno di legge per affermare la cultura della castità e ribadire l’obbligatorietà dell’hijab (velo).

Proprio sull’obbligatorietà del copricapo femminile si inasprisce l’intolleranza del regime e di chi e deputato al controllo. Le donne proseguono con la “disobbedienza civile” per la negazione del velo obbligatorio e aumenta la pressione su di esse. A quelle di Teheran sprovviste del copricapo viene negato, sempre più spesso, l’ingresso in metropolitana; potrebbe diventare la regola. Questa si aggiunge ad altri analoghi provvedimenti adottati nelle università, negli ospedali e cliniche, nei locali commerciali, nei luoghi dove si erogano servizi ai cittadini e cosi via.  Ad una ragazza è stato precluso l’accesso all’università, ed allo studio, per due semestri perché priva velo. C’è anche chi pensa ad uniformi da far indossare alle commesse durante il servizio

È una vera e propria persecuzione che segue ed insegue le donne in ogni luogo dell’Iran.

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