Ilaria Salis rischia vent’anni di carcere in Ungheria: l’accusa alla donna è di appartenere ad un’associazione terroristica. Il caso della Salis diventa sempre piu’ difficile e il Ministro Nordio invita Orban a rispettare le regole. Ma quali rischi corre Ilaria Salis? La Repubblica fa un’analisi del caso che nella peggiore delle ipotesi potrebbe avere queste conseguenze:
“Più di venti anni di carcere per aver causato ferite guaribili in otto giorni in un caso, e in 5-6 in un altro, ad alcuni neonazisti colpiti durante degli scontri stradali. All’attivista italiana non vengono contestate infatti soltanto le lesioni, che le avrebbero causato pene molto più brevi. Ma è accusata anche di fare parte di un’associazione terroristica attiva in Germania (a Lipsia e in altre città” scrivono negli atti d’accusa gli ungheresi) che si è mossa appositamente per colpire i nazisti, in modo da impedire loro qualsiasi ulteriore attività politica, con tecniche di attacco prestabilite dopo uno specifico addestramento.
Nelle 800 pagine di documenti che la famiglia Salis ha potuto consultare non c’è mai nemmeno un riferimento a Ilaria. Com’è possibile, allora, che sulla base di un biglietto del treno comprato (secondo l’accusa esiste un’associazione perché è stata Salis a comprare i biglietti per andare a Budapest a contromanifestare) l’Ungheria arrivi a un’accusa così grave? Non sostenuta da nessuna prova, almeno evidente, visto che gli atti dell’accusa non sono stati messi a disposizione alla difesa?. E continua Repubblica “nei giorni scorsi gli ungheresi avevano consigliato all’Italia di fare patteggiare la ragazza, in modo da velocizzare il rientro in Italia: peccato però che la proposta di patteggiamento era stata a 11 anni di carcere, con il divieto di accedere a misure alternative”.
Quale è stata la reazione del Ministro della Giustizia? Ha dichiarato alla Stampa: “Finché dura il processo, la giurisdizione ungherese è sovrana. Né il governo ungherese né tanto meno quello italiano possono intervenire. Immaginate cosa accadrebbe se io chiamassi un magistrato per raccomandare la sorte di un imputato. Si griderebbe, e giustamente, al sacrilegio.
Il ministero della Giustizia, nel caso di cittadini italiani arrestati all’estero, non è titolare di alcun potere di intervento perché l’assistenza è affidata alla Farnesina. Il ministero della Giustizia interviene soltanto nel caso in cui vengano attivati, dagli interessati o dai loro avvocati, strumenti di cooperazione giudiziaria che prevedono atti delle Autorità centrali. Si può tuttavia operare sul fronte del trattamento penitenziario, affinché si rispettino le norme europee. Un veicolo importante è costituito dai garanti: giorni fa ho ricevuto il nuovo collegio, che può contattare il suo omologo ungherese. Se si vuole realmente ottenere un risultato concreto, l’esperienza suggerisce di agire con prudenza, senza sollevare polemiche che potrebbero irritare la controparte, e sortire l’effetto contrario.
È quello che sta facendo il collega Tajani – con cui il confronto è costante – e il nostro governo. Al padre di Ilaria ho personalmente spiegato tutto nell’incontro dello scorso 23 gennaio. A lui ho comunque assicurato il nostro supporto e tornerò domani a fargli il punto della situazione”.
Tajani d’altro canto, durante un evento di Forza Italia, ha dichiarato all’Ansa il 3 febbraio che “Prima bisogna ottenere i domiciliari in Ungheria, dopodiché’ bisogna chiederli in Italia. Solo una volta che sono stati concessi i domiciliari, se c’è la richiesta dell’avvocato, possiamo chiedere di avere i domiciliari in Italia, e siamo pronti a fare tutto quel che serve”.
Giornalista e conduttrice televisiva, crede in una stampa libera e ritiene che “una cronista debba sempre consumare la suola delle scarpe”. Il suo motto? “Io vivo la vita e scrivo cio’ che vedo” di Anna Politkovskaja.