Da tre mesi l’Iran è attraversato dalle proteste. Dal 16 settembre, giorno della morte di Masha Haimi, gli iraniani manifestano per le strade e nelle piazze gridando “Donne, vita, libertà”.
Si protesta contro le leggi e la struttura del regime che non sa interpretare le esigenze del popolo iraniano. La guida suprema, l’Ayatollah Khamenei, non esita ad ordinare una dura repressine per sedare le proteste. La magistratura ha emesso più di 11 condanne a morte e due sentenze sono state già eseguite. I giustiziati sono colpevoli di “guerra contro Dio” e “corruzione sulla terra”.
Le esecuzioni rientrano tra le forme di intimidazione che il regime vuole usare per scoraggiare i manifestanti. Anche il lutto familiare è una colpa da pagare e per i condannati non c’è un funerale da celebrare. I loro corpi, come per molti altri uccisi, sono seppelliti in fosse comuni ed anonime per evitare il riconoscimento dei loculi. Ma “saranno vendicati”, così hanno tuonato gli organizzatori dei gruppi di protesta.
Il potere centrale di Teheran usa ogni mezzo per sedare le proteste. Il religioso sunnita Moulana Abdol Hamid, un’icona tra la sua gente ed inviso a Teheran, ha denunciato aggressioni ed umiliazioni sessuali verso le donne arrestate. Qualcuna di loro ha confidato che preferirebbe morire piuttosto che cadere nelle mani delle guardie del regime.
Da inizio proteste al 7 dicembre 2022, dati di Iran Human Rights (IHRGNO), le manifestazioni hanno coinvolto tutte le 31 province dell’Iran, 160 città e 143 grandi università. Oltre 18.000 arresti, più di 460 morti tra i manifestanti tra cui 63 adolescenti.
I territori del Baluchistan e Kurdistan, a causa della loro demografia, hanno subito la repressione più severa e il più alto numero di morti tra i manifestanti. Queste due provincie sono prevalentemente abitate da seguaci sunniti dell’Islam, mancano di sviluppo economico ed hanno sempre dovuto affrontare una notevole discriminazione. Caratteristiche, queste, che hanno innalzato il livello di insoddisfazione tra gli abitanti. I cittadini appartengono rispettivamente alle etnie Curde e Beluci.
I dimostranti trovano anche l’appoggio di Badri Hosseini Khamenei, sorella della guida suprema. La donna ha condannato il brutale regime del “califfato dispotico” ed ha espresso solidarietà a “tutte le madri che piangono i crimini della Repubblica islamica”. Essa stessa soffre per la cattura della figlia che è stata condannata a 3 anni di carcere per aver criticato le autorità centrali.
Per proseguire efficacemente nella lotta i manifestanti si ingegnano e tessono le maglie di strutture di protesta organizzate. La “United Neighbourhood Youth” (UNY) ha annunciato la sua nascita ed ha pubblicato su Twitter un manifesto politico in 43 punti. In esso rivendica uguaglianza, libertà personali e l’istituzione di un governo democratico e popolare. L’organizzazione ha anche celebrato la diversità etnica, di genere, politica e religiosa.
Sono in molti a pensare che in Iran c’è aria di rivoluzione ma il regime tira dritto e oltre alla repressione annuncia altre esecuzioni capitali.
Seguici anche su Instagram!
