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L’alchimia che si crea tra atleta e allenatore spesso trascende il mero rapporto sportivo. Lo sanno bene Francesco Morale e Simone Faraco: il primo è un karateka, l’altro il suo Maestro. E fino a questo punto sembra una narrazione uguale a tante altre, fatta di legami indissolubili che nascono fuori e dentro il tatami. A questo punto, però, la storia prende una piega decisamente diversa dal classico refrain, perché Francesco è affetto da tetraparesi spastica. Una forma di disabilità inibente per chiunque, figuriamoci per chi intende praticare sport. Eppure i protagonisti di questa favola – che poi non ha nulla di fiabesco, anzi è assai reale – raccontano uno spaccato di feroce determinazione, tale da portare addirittura un Argento ai Campionati Italiani FIJLKAM di para-karate, disciplina ufficialmente riconosciuta dal Comitato Paralimpico Internazionale nel 2015.

E pensare che l’incontro tra i due è stato (quasi…) occasionale. In passato, Simone è stato un buon agonista. Poi un infortunio al ginocchio, nemmeno tanto grave – la rottura del menisco – per chi spinge il suo corpo alle soglie dell’estremo, cambiano la percezione delle sue priorità. Continuerà a praticare, fino a conseguire l’abilitazione da Insegnante Tecnico. Nel frattempo, si laurea in posturologia. Eccolo, il momento in cui le loro strade si incrociano.     

Francesco mi contattò inizialmente in rete – esordisce Simone –, chiarendomi subito che non aveva alcuna intenzione di fare fisioterapia. Al contrario, voleva assolutamente fare karate. Si era rivolto anche ad alcune società, ma tutte avevano declinato. Qualcuno, con onestà, gli aveva manifestato l’inadeguatezza a trattare un caso particolare come il suo…”.      

Al contrario, Simone non si perde d’animo. Forse perché è abituato a interagire con la disabilità, lavorando a stretto contatto con casi di autismo e riabilitazione posturale. Senza trascurare un piccolo particolare, la FIJLKAM consapevole che le discipline federali possano fare da apripista all’inclusione, ha da tempo predisposto dei programmi destinati a promuovere, ovviamente non solo a livello agonistico, lo sviluppo fisico e psicologico di persone diversamente abili. In tal senso, il karate diventa un modello di riferimento per Francesco, che affronta e supera sfide sicuramente non banali attraverso una coinvolgente energia positiva. 

Grazie al karate ha fatto dei miglioramenti enormi – conferma Simone –. A causa della sua patologia, che coinvolge tutti e quattro gli arti, Francesco non ha il controllo volontario del movimento. Oggi, invece, scende dalla carrozzella e si mette in ginocchio sul tatami, eseguendo le tecniche. Il prossimo step potrebbe essere quello di usare un deambulatore stabilizzante, una sorta di carello con delle imbracature, per farlo praticare i piedi. E portarlo all’esame di Cintura Nera 1° Dan…”.   

Insomma, il binomio creato da Simone Faraco e Francesco Morale è incredibilmente significativo, perché veicola un messaggio di passione per la vita e per lo sport. Racconta il coraggio di chi accetta la disabilità, ma la combatte con una forza di volontà fuori dal comune, tale da raggiunge l’obiettivo prefissato. Nonché la determinazione di quegli Insegnanti Tecnici che, pur tra mille difficoltà, accantonano i brutti pensieri, e favoriscono la pratica sportiva. Oltre all’empatia con chi è affidato alla loro cura. Un rapporto simbiotico, basato sulla competenza e l’amore per lo sport e la vita.    

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