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Nel corso dei secoli lo stupro veniva spesso utilizzato come strumento per fiaccare la resistenza emotiva del nemico. Sia ben inteso, qui non stiamo parlando di casi isolati, compiuti da singoli uomini. Bensì di una precisa strategia, politica e militare, dove la violenza diventava una pratica quasi connaturale al conflitto stesso.

Ciononostante, il 7 ottobre i terroristi di Hamas si sono ripetutamente macchiati di reati abominevoli su un numero imprecisato di donne. Sia quelle che si trovavano nei Kibbutz, che quante partecipavano al rave party nel deserto. Violenze sessuali di gruppo, torture e brutali mutilazioni, prima e dopo la morte. Aggravando il loro comportamento abbietto con un gesto di inaudita crudeltà: gli stupratori hanno filmato tutto con i telefoni delle vittime. E poi inviato ad amici e parenti le immagini dell’oltraggio compiuto.

Insomma, un trauma collettivo, che allarga a dismisura le sue conseguenze, coinvolgendo direttamente chi ha subito le violenze e indirettamente, pure i testimoni. Una rozza manifestazione di forza ed al contempo una sottile strategia psicologica utilizzata dai terroristi. Un gesto dal forte connotato simbolico: eliminare alla radice la possibilità di procreare.

Senza trascurare la nuova via che hanno deciso di percorrere questi fondamentalisti islamici. Il loro sembra proprio un attacco ai valori dell’Occidente, in cui i Diritti delle donne sono fondamentali oltre che tutelati dalla Convenzione di Ginevra. Uno scenario che potrebbe addirittura prevedere per i fatti del 7 ottobre la qualifica di veri e propri crimini di guerra.

Così, quella data segna per Israele non solo il giorno dell’attacco più sanguinoso della sua storia, in cui più di 1200 ebrei sono stati massacrati, ma anche un punto di non ritorno nel conflitto israelo-palestinese. Difficilmente, infatti, verrà perdonato ai terroristi una vigliaccheria del genere. Non a caso, in queste settimane di combattimenti, talvolta la reazione di Tsahal è apparsa veramente eccessiva. Veicolando negli osservatori esterni la sensazione che, non potendo avere giustizia, l’esercito israeliano conduca l’operazione “Spade di Ferro” con l’evidente intenzione di ottenere almeno vendetta.