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Nei play-off può succedere veramente di tutto. In Serie B però questo adagio assume un significato ben più ampio. Specialmente giunti a questo punto, con solo il doppio match tra Cremonese e Venezia ancora da giocare per decidere l’esito di un’intera annata. La maniera più semplice per orientarsi nella mistica della finale (domani alle 20.30 l’andata allo Zini), è quella di mettere a confronto i due tecnici. Una bella “lotteria”, per stabilire chi tra Giovanni Stroppa e Paolo Vanoli accompagnerà nella massima categoria Parma e Como.

L’allenatore dei grigiororossi ha già ottenuto due promozioni in A con Crotone e Monza. Un emergente, invece, quello degli arancioneroverdi. Almeno in cadetteria, visto che i Lagunari sono stati i primi a dargli l’opportunità di mettersi in proprio, affidandogli la panchina, dopo l’esperienza alla guida dello Spartak Mosca. Là aveva vinto la Coppa di Russia, ma poi abdicato a causa della guerra.

Vanoli l’emergente

Nel caso di Vanoli, niente di meglio della cronaca può raccontare quanto sia stato impattante sulle sorti della squadra. Prima che arrivasse l’ex collaboratore di Antonio Conte a Chelsea e Inter, infatti, il Venezia stazionava desolatamente al penultimo posto con 9 punti in 12 partite. Lui non si scoraggia, resetta emotivamente il gruppo. E attraverso una rinnovata organizzazione tecnico-tattica spinge i suoi oltre ogni aspettativa. Morale della favola, mette insieme la bellezza di 40 punti nelle restanti 26. Finisce la stagione regolare ottavo, con conseguente insperata qualificazione alla post-season. Peccato che incroci il suo destino col Cagliari di Ranieri, che naviga con il vento a favore. E ne stoppa l’impresa sul più bello. 

Quest’anno i principi non sono cambiati. Vanoli continua a coltivare una filosofia di gioco funzionale ad aggredire in avanti, specialmente con i “quinti”: Candela e Zampano, che non hanno mai snaturato la loro indole propositiva. A scandire i tempi del gioco, modulando ritmo e intensità, provvede l’instancabile Tessmann. Supportato da Busio, turbine di energia, che garantisce rapidi ribaltamenti e veloci transizioni. Non va trascurato, ovviamente l’incredibile contributo negli ultimi sedici metri di Pohjanpalo; limitativo in ogni caso derubricarne la centralità nella fase offensiva esclusivamente per i 22 gol segnati finora. Numeri che lo issano al grado di capocannoniere del torneo. Ma non fotografano appieno quei piccoli dettagli che ne arricchiscono l’efficienza in davanti. Senza dimenticare nelle fortune dell’attacco veneziano il lavoro oscuro di Pierini. Se il centravanti finlandese naviga nelle acque turbolente delle difese altrui, tra squali e bucanieri, lo deve pure al supporto del figlio d’arte, che fa cose semplici, muovendosi in modo nient’affatto nevrotico tra le linee. Permettendo così al compagno di reparto di focalizzarsi solamente sul far piangere i portieri avversari.

Stroppa il marpione

Non c’è il rischio di banalizzare la finale, racchiudendola nel classico stereotipo di una gara in cui anche la Cremonese dovrebbe schierarsi a specchio, dunque sostanzialmente approcciandosi all’andata in maniera conservativa. Perché Stroppa cura con maniacalità il possesso. Del resto, la qualità dei suoi interpreti principali – Zanimacchia, Buonaiuto e Vazquez -, tutta gente con piedi educati e cervello fino, gli consente di gestire il pallone in tranquillità. Mentre a copertura degli spazi che tendono a lasciare giocatori dinamici e con gamba tonica nell’accompagnare l’azione, tipo Pickel o Quagliata, si piazza Castagnetti. Metodista ideale nel sistema dei grigiorossi, bravo a toccare molti palloni, abbassandosi davanti alla difesa, per impostare la manovra. E’ sua la regia che favorisce una paziente costruzione dal basso, propedeutica ad attirare in avanti l’avversario, invitandolo al pressing. Quindi, approfittare degli spazi che si aprono, verticalizzando sulla punta.

La necessità di avere un attaccante capace di convertire in gol la mole di lavoro dei compagni si cristallizza nei movimenti di Massimo Coda. Etichettarlo un mero bomber di categoria è mortificante. Pur riconoscendo la strana consuetudine che ne caratterizza la carriera: cambiare squadra non prima di aver determinato in modo decisivo alla promozione della squadra. Ergo, legato da un filo indissolubile alle vittorie dei campionati con le maglie di Benevento, Lecce e Genoa. Nondimeno, avere una sicurezza offensiva che gioca di sponda, ripulisce i palloni e fa salire la squadra, appare imprescindibile in ottica doppio confronto.

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