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the square

-di Luca Nappo

Nel piccolo viaggio tra gli Oscar presenti e passati abbiamo parlato di un grande maestro, un regista un po’ trasformista e dei vincenti di quest’anno. Per quest’ultimo appuntamento però è più che opportuno scegliere uno dei partecipanti più nascosti dell’ultima edizione.

Ruben Östlund, regista svedese che ha proposto all’academy il suo primo film in lingua inglese: Triangle of Sadness. Oltre a avergli fatto vincere la sua seconda Palma D’Oro, questo lungometraggio ha ricevuto 3 candidature (miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale). Tuttavia, non è riuscito a portare a casa nessuna statuetta.

Östlund si era già messo in mostra con il suo stile satirico e critico e non è nuovo a candidature di questi livelli. Nel 2017 infatti con un film aveva vinto per la prima volta a Cannes. Inoltre era stato candidato come miglior film in lingua straniera, The Square.

Quasi come se fosse un dissacrante reportage la pellicola tratta in modo intelligente, divertente e a tratti incredibilmente cattivo della caduta di un uomo normale travolto dalle sue scelte sbagliate.

Christian – Claes Bang – è uomo divorziato e di mezza età curatore del museo di arte moderna di Stoccolma. Mentre è totalmente assorbito dal lancio di una nuova installazione (intitolata per l’appunto The Square) subisce il furto del portafoglio e del cellulare. Per provare a riappropriarsi della refurtiva Christian tenterà di farsi giustizia da solo riuscendo però solo a mandare a rotoli la sua vita privata e lavorativa.

Nonostante a prima vista possa sembrare solo una sequela di scene ilari e un po’ caotiche ogni sventura che il protagonista subisce anche se non direttamente collegata con lo scorrere della trama è in realtà una scena dal forte significato celato. Tutto è perfettamente architettato affinché la distruzione, sia morale ma anche quasi fisica, dell’archetipo dell’uomo di successo sia definitiva ed esemplare. In un’immensa spirale discendente ogni momento è al servizio del regista e della sua missione: mettere paura a chi crede di essere al sicuro.

Esemplare è la scena della cena gala, un magistrale piano sequenza di quasi tre minuti in cui Terry Notary interpreta un artista le cui performance consistono in lui che finge di essere uno scimpanzé. Qui prende di mira Christian in un vero e proprio scontro tra l’arte e gli uomini che si pongono sopra di essa e che ovviamente finisce con l’esilio dell’uomo.

Insomma The Square è alla stregua di un horror in cui la società contemporanea è costantemente rincorsa dai suoi peccati. Una satira tagliente sul mondo dell’arte che nel suo realizzarsi diventata satire del mondo intero. Una Cura Ludovico che ci fa ridere di noi stessi e ci costringe a guardare le disuguaglianze, le ingiustizie e le prepotenze che sono presenti in tutto quello che ci circonda.