Il valico di Rafah è ormai sotto controllo israeliano. La bandiera Israeliana ha preso il posto di quella palestinese. Il valico segna il confine tra Egitto e Gaza ed è un corridoio di transito tra i due territori. Era stato chiuso nel 2007 dalle autorità del Cairo, Hamas l’anno prima aveva preso il controllo della Striscia defenestrando l’Autorità Palestinese. L’IDF (forze di difesa israeliane) hanno preso il controllo del lato dalla parte di Gaza del valico perché era utilizzato per fini terroristici.
L’occupazione del valico è vista come un primo passo verso il lancio dell’operazione su Rafah da parte dell’IDF. SMS, volantini, telefonate, annunci radio televisivi e via web continuano ad invitare la popolazione di Rafah est, quella più vicina al confine con Israele, ad evacuare. Devono dirigersi verso zone di raccolta allestite nell’area umanitaria ampliata di Al-Mawasi. Il panico e la disperazione corrono tra i civili. Molti non sanno dove andare e c’è chi è stato sfollato anche sei o sette volte.

Zone di evacuazione a Rafah e area umanitaria allargata (fonte IDF “X”)
La città del sud ha il destino appeso ad un filo che la collega direttamente al Cairo. Li sono convenuti i mediatori dell’Egitto, del Qatar e degli USA. Cercano di far convergere le richieste di Israele e di Hamas per giungere ad una tregua. Sono presenti anche le delegazioni israeliana e dell’organizzazione palestinese, non si incontrano mai ma parlano tramite i negoziatori. I funzionari israeliani sarebbero stati inviati anche con il parere contrario dell’ala di estrema destra del governo che vorrebbe posizioni più dure nei colloqui.
Una proposta avanzata da Israele la scorsa settimana già c’era. Prevedeva tre fasi scandite da tempi e modi. Il segretario di stato americano Blinken l’aveva considerata buona, anzi generosa. Si aspettava la risposta di Hamas che è arrivata la scorsa sera, dopo che l’IDF aveva manifestato con i fatti le intenzioni di procedere su Rafah. Le cose si sono complicate perché Hamas propendeva per una proposta egiziana con condizioni “ammorbidite” rispetto a quelle avanzate da Israele. Questo ha complicato la situazione perché c’è stata l’irricevibilità di Tel Aviv in quanto distante dai requisiti necessari. Uno dei nodi controversi sarebbe il rilascio dei 33 ostaggi nella prima fase. Israele li vuole tutti vivi, per Hamas sia vivi che morti. E su questo sono in molti a pensare che non ci siano tanti ostaggi ancora in vita.
Anche Rafah apre a delle questioni molto controverse. Hamas dice che le intenzioni di Israele di procedere sulla città sono il chiaro segnale che il governo di Tel Aviv non vuole una tregua, un cessate il fuoco. E definisce inoltre i colloqui al Cairo l’ultima chance per Israele di riavere gli ostaggi. Israele invece considera le pressioni militari sulla Striscia e quindi su Rafah l’unico modo per indurre Hamas a ragionare su una tregua e riavere gli ostaggi.
Per ora è un continuo rimbalzarsi la palla da campo a campo e al centro non c’è solo Rafah con la popolazione civile. Ci sono gli ostaggi che Israele vuole riportare a casa e che Hamas non ha nessuna intenzione di liberare alle condizioni di Israele perché rappresentano, purtroppo nella sua logica di lotta asimmetrica, una “risorsa” strategica da sfruttare.
Di fronte alle pretese dell’uno e dell’altro non si scorge nulla di buono. Ahime!
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