La rifinitura con cui ha messo Ngonge davanti a Montipò, libero di battere a rete indisturbato, riassume in una sola giocata la partita di Lindstrom. Finalmente, dopo tanto penare, il danese è stato capace di prendersi la copertina nello stralcio di match disputato contro il Verona. Gli amanti dei dettagli avranno certamente apprezzato l’abilità nello smarcarsi alle spalle della retroguardia gialloblù. Associata alla lucidità nell’elaborare un pensiero tattico efficace. Utile a stimolare rapidamente proprio l’ex scaligero, che arrivava a rimorchio. Bravo, a sua volta, nel trovare la coordinazione in corsa, e spedire la palla in rete.
Del resto, il copione dato alla gara da Baroni a vantaggio acquisito era evidente: lasciare il possesso al Napoli, facendo grande densità centrale. A quel punto, consapevole delle difficoltà a aprire il blocco difensivo veronese, Mazzarri ha preferito sviluppare diversamente il gioco, distribuendolo lungo le catene laterali. Mettere in ritmo i nuovi entrati, servendoli con i giri giusti, dunque, la chiave per decodificare l’atteggiamento degli ospiti.
Lindstrom rinato
Insomma, la prestazione di Lindstrom è servita a palesarne tutti i pregi. Un piccolo saggio sulla sua qualità. Quasi una novità, considerando quanto deludente sia stata finora la sua stagione. Non sempre a causa sua. Chiaramente se non viene messo nelle migliori condizioni per far bene – ovvero, utilizzato da mezzala piuttosto che nell’insolito ruolo di esterno classico -, l’acquisto più caro dell’estate partenopea è obbligato a reiventarsi specialista della fascia. Con conseguenze nefaste sul rendimento.

Se l’esperimento di trasformarlo nell’alternativa a Politano è fallito miseramente, averlo visto all’opera domenica pomeriggio, ruotando spesso con Kvaratskhelia, ha veicolato la sensazione che l’ex Eintracht Francoforte avesse piena padronanza dei principi funzionali all’interscambio. Quindi, in grado di esprimersi compiutamente sia muovendosi in ampiezza, che invertendo la posizione col georgiano: uno fuori e l’altro nel mezzo spazio di sinistra.
Probabilmente, il motivo per cui il 77 si è calato con naturalezza in questa situazione incredibilmente sfumata va ricercato nelle contromisure adottate per disinnescare i suoi incredibili fondamentali tecnici. Quando Kvara riceve di spalle, infatti, viene contrastato dal marcato diretto e immediatamente raddoppiato. L’unica soluzione plausibile rimane lo scarico all’indietro. Ma la fluidità posizionale innescata con Lindstrom permette ai due di pensare quasi all’unisono, secondo la logica delle rotazioni.
Ngonge valida alternativa
Anche Ngonge ha consentito al Napoli di prendere campo grazie alla capacità di fornire ai centrocampisti azzurri tracce di gioco che ne esaltassero i tagli: sul contromovimento di Simeone, propedeutico a svuotare il cono di luce centrale, il belga si fiondava in quello spazio, aggredendolo in corsa.

Effettivamente, sulla destra questa giocata è abbastanza consuetudinaria per i Campioni d’Italia, poiché Politano occupa quella specifica porzione di campo in maniera assai dinamica e propositiva. Quindi, è sempre complicato assorbirne gli sganciamenti, orientati a muoversi alle spalle degli avversari.
C’è comunque una differenza tra i due esterni: Politano preferisce stringere soprattutto in conduzione. Mentre Ngonge ama andare pure senza palla.
Con queste premesse la squadra partenopea si avvicina alla trasferta di Milano. Ad animare tifosi e addetti ai lavori un sentimento ambivalente. Difficile non avere negli occhi la rimonta col Verona. Al contempo, da Castelvolturno filtra la sensazione che Mazzarri voglia affrontare il Milan tornando al 3-4-3. Una strategia ultraconservativa, ideale per controllare gli spazi e schermare le linee di passaggio, che stride con la pericolosità nella metà campo altrui prodotta dai giocatori offensivi.
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