Napoli–Bologna è la partita della verità in chiave Champions, ma sciaguratamente non per i padroni di casa. Tutto lascia pensare, infatti, che ad accompagnare le “strisciate” nella rinnovata Coppa dalle Grandi Orecchie possano essere proprio i felsinei, attualmente quarti in classifica. Pericoloso, tuttavia, dare le cose per scontate, al cospetto della squadra partenopea. Apparsa da qualche settimana già mentalmente in vacanza. Nondimeno, guai a sottovalutare l’orgoglio degli azzurri. E farsi ingannare dal loro atteggiamento pigro e sonnacchioso. Restano comunque in grado di tirare fuori dal cassetto sprazzi di bel gioco, funzionali a stimolare le risicate ambizioni europee in ottica Conference League. Vediamo dunque com’è andata…
Meret: 5,5
Non fa nulla di eclatante, ma non sbagliare alcunché mica è facile con la difesa che si ritrova. In effetti, all’Airone viene facile mimetizzarsi. Nondimeno, forse ci si aspetta che compaia al momento giusto. Ovvero, quando la palla cade in area. Tiene in vita il Napoli con una gran parata di piede su Zirkzee.
Di Lorenzo: 4
Il capitano è giunto al capolinea. Cotto fisicamente ed emotivamente. Ndoye lo brutalizza, sfuggendogli con puntualità disarmante. Sul gol del vantaggio, sembra abbia il sedere zavorrato, per quanto stacchi poco e male. A certificare quanto ormai sia fuori dal contesto, l’ammonizione (ingiusta…) di Kavra: vicino alla panchina di Calzona, si limita ad osservare Osimhen che va a perorare la causa del numero 77, fregandosene bellamente di percorrere in diagonale i tanti metri che lo separano da Pairetto.
Rrahmani: 5
L’annata a tratti davvero imbarazzante che l’ha fustigato nello spirito e nel rendimento ne testimonia i limiti in fase di difesa posizionale. Zirkzee non è affatto indulgente nei confronti del kosovaro, mortificandolo, decentrandosi e tirandolo fuori posizione. Amir tenta di sopperire, ricorrendo alle malizie tipiche del marcatore. Ma è troppo passivo per riuscirci.
Juan Jesus: 4,5
Anche in questa partita non ha fatto mancare disattenzioni e interventi di scarso spessore. Anestetizzato dalla capacità del centravanti olandese di svuotare il cono di luce centrale. E dopo comparire alle spalle della linea col classico movimento a “mezzaluna”. Non che i compagni di reparto si siano preoccupati di blindargli adeguatamente le spalle. Ma la mancanza di affidabilità del brasiliano evoca il consueto caos difensivo.
Olivera: 4,5
Odgaard fa emergere tutte le insicurezze dell’uruguagio. Tatticamente incapace di decrittare i movimenti dell’esterno danese, va su e giù sul binario mancino, senza alcun costrutto. Specialmente nelle circostanze in cui accorciava con un istante di ritardo, controllando male lo spazio tra le linee. Il suo tratto distintivo rimane la mediocrità. Difensivamente sterile; inconcludente in fase di spinta.
(dal 80’ Mazzocchi: s.v.)
Un duro, e si vede. Ma all’interno di un calcio qualitativo c’entra come il cacio sulla cheesecake.
Lobotka: 5,5
Del brillante architetto, che armonizzava la risalita dal basso, non c’è traccia. Derubricato a gregario di lusso, ingrigito dall’inutile tentativo di predicare nel deserto. Al netto di una intelligenza tattica fuori scala, deve calarsi nella realtà attuale, che racconta di compagni impigriti, se non addirittura scadenti.
Anguissa: 4,5
Si inserisce con poca determinazione nell’ultimo terzo di campo, non avendo la brillantezza di passo per accompagnare l’azione offensiva. E pure la riaggressione o il tentativo di intercettare le seconde palle non è migliore. Al cospetto di un approccio tanto inefficace, il Bologna trovava facilmente tracce pulite dietro i centrocampisti azzurri. Così, la possibilità dei rossoblù di imbucare facilmente ha costretto il camerunese a correre all’indietro e poco altro.
(dal 80’ Traorè: s.v.)
Garbage time e null’altro.
Cajuste: 5
Fin dal fischio d’inizio appare evidente che la superiorità numerica in mezzo al campo predisposta da Thiago Motta consegni il pallino del gioco agli ospiti. Per riuscire a superare una situazione del genere serve precisione nei passaggi e smarcamenti in zona luce, tutte cose che lo svedese non è stato capace di eseguire. Forse il ritmo dato al suo gioco era troppo basso. Eppure, con quella fisicità potrebbe rischiare maggiormente, aumentando la frequenza dei giri.
(dal 71’ Raspadori: s.v.)
Potenzialmente un ottimo attaccante. Peccato che simboleggi il vuoto di chi, quasi avesse preso il “posto fisso” postulato da Checco Zalone, si accontenti di entrare poco nella centralità del match. Non aspirando alla gloria, tantomeno stando troppo sotto i riflettori.
Politano: 5
Parte palla al piede ma non vince nessun uno contro uno. Allora prova a tagliare verso il centro, con l’idea di incrociare con l’arto dominante. Le basi per una doppia giocata – ampiezza o mezzi spazi – che funzioni alla perfezione presuppone gamba tonica e testa libera. Cose di cui oggi ha difettato in maniera evidente. Il rigore è una “telefonata” che Ravaglia storna senza alcuna apprensione.
(dal 61’ Ngonge: 6)
Entra bene, inserendosi con personalità in verticale, capitalizzando a proprio vantaggio gli isolamenti ed il dribbling.
Osimhen: 5
La squadra si appoggia continuamente sul centravanti, prima soluzione comoda alla verticalità. Del resto, il nigeriano rappresenta una garanzia quando si muove incontro al pallone e riceve con l’uomo addosso. A quel punto, Victor dovrebbe fungere da facilitatore offensivo. Ma intorno a lui gravita il vuoto cosmico. Altro che con la testa già alla sua prossima avventura professionale. Il “vaffa” sparato nei denti a Cajuste, colpevole di un inserimento tardivo, denota voglia e determinazione a non fare l’ennesima figura barbina. Si sbatte e si incazza. Forse proprio a causa del fatto che la squadra dimostra incapacità a mandarlo in profondità a campo aperto. Fallisce il gol che poteva riaprire (teoricamente…) la contesa negli ultimi minuti.
Kvaratskhelia: 5
Prigioniero di Posch e Urbanski. Le volte che il terzino si alzava, prendendo il georgiano come riferimento, c’era la mezzala pronta a dettare la copertura. Nonostante questo, il numero 77 tenta di sopravvivere, in virtù del contromovimento, che gli permette di generare separazione, soprattutto nello stretto. Ma una volta ottenuti quei metri dall’avversario diretto, la differenza – in negativo – la fanno i compagni, statici e nient’affatto collaborativi.
(dal 80’ Simeone: sv.)
De facto con Calzona è stato retrocesso a centravanti di riserva e null’altro, buono esclusivamente da buttare in campo nei minuti finali, facendo rifiatare Osimhen,
Allenatore Calzona: 4
Il contributo in negativo del commissario tecnico della Slovacchia è sotto gli occhi di tutti. Un Gattuso senza “veleno”. Decisivo nel non riuscire a trasmettere nulla sul piano motivazionale e dell’approccio alla partita. I principi che ne ispirano il gioco (sic…) si riassumono in uno sterile e improduttivo giropalla perimetrale. Altro che “l’odore della paura”: un inutile e soporifero tiki-taka, da manuale dell’ovvio. Soffocanti i tentativi di cambiare qualcosina dal punto di vista tattico con le sostituzioni, scontate quanto il suo calcio da “imitatore”. Fare da secondo a tecnici prestigiosi gli ha trasmesso veramente poco. Magari con Sarri si limitava a mettere i “cinesini” in mezzo al campo. Cosa c’è da prendere di buono in un pomeriggio così mortificante? Pensare che tra due partite finalmente lascerà questa valle di lacrime. Senza veicolare alcun rimpianto, ovviamente.
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