Con la chiusura della sessione invernale di mercato finalmente va agli annali un lungo mese di gennaio, caratterizzato da una certa operosità del Napoli, assai irrequieto nel tentativo snervante di tappare le falle in organico. Eppure, almeno sul versante del difensore centrale, lesto nei piedi e rapido nel reagire agli stimoli degli attaccanti avversari, non c’è traccia. Evidente da questo punto di vista l’immobilità della società. Poche idee, oltre a lavorare con l’Udinese per assicurarsi le prestazioni di Nehuén Pérez, poi sfumato sul filo di lana. Tanta fantasia e una vagonata di disagio finale. Dunque, sembra davvero che all’ombra del Vesuvio non sia successo nulla.
Ancora una volta è prevalsa la strategia della proprietà, ovvero la tendenza accentratrice di De Laurentiis, che ha sottratto progressivamente, ma con certosina costanza, potere al binomio costituito da Mantovani e Micheli. Del resto, privati del paracadute di Giuntoli, i responsabili dello scouting, ritenuti in passato i veri garanti dei successi azzurri, hanno fallito clamorosamente le scelte estive. In effetti, avallando gli acquisti di Lindstrom, Natan e Cajuste, hanno contribuito a stracciare letteralmente una cinquantina di milioni di euro.
Meluso incolpevole
Discorso a parte merita Mauro Meluso. Se si approfondisse un attimino il suo percorso professionale scopriremmo che tra Cosenza, Lecce e Spezia ha portato a casa risultati coerenti con gli obiettivi fissati da chi l’aveva ingaggiato. Tra l’altro, friggendo spesso il pesce con l’acqua. Quindi ideale per la politica aziendale di De Laurentiis, al quale i maggiori detrattori della sua gestione imputano una discreta propensione a improvvisare, nonché a risparmiare sugli investimenti a medio/lungo termine.
Eppure, passare dal baronato di Giuntoli ad un direttore sportivo privo di portafoglio ha sotratto agli azzurri il classico dirigente plenipotenziario. Figura di riferimento presente in ogni società con velleità di grandezza. Uno cioè che spende parte consistente del suo tempo non soltanto in ottica trading, ma soprattutto nel fare da interfaccia tra lo spogliatoio ed il presidente. Oggi, invece, sempre più uomo solo al comando di una nave che naviga in acque agitatissime. Mentre il suo timoniere ondeggia, sballottato freneticamente dai marosi, tra trattative infinite e procuratori pretenziosi.
Insomma, affidare la squadra Campione d’Italia a un diesse con una lunga carriera di buon cabotaggio, vissuta comunque quasi esclusivamente tra serie B e Lega Pro, è stato un azzardo troppo grosso. Che non doveva, tantomeno poteva, permettersi chi tiene lo scudetto cucito sulla maglia. Ed oggi ne paga decisamente le conseguenze. Nondimeno, pensare che il responsabile di una stagione finora abbastanza deludente sia Meluso equivale a spostare per l’ennesima volta il focus attentivo su personaggi secondari o marginali del teatrino in atto a Napoli. Una commedia degli equivoci che ormai fa ridere solamente chi si prostra a tappeto ai piedi di De Laurentiis.
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