Prim’ancora che la proposta di gioco, troppo spesso arcaica e démodé, a bocciare sonoramente Mazzarri provvedono i numeri: 0 reti segnate in 7 delle 11 gare di campionato, la 5ª trasferta di fila senza gol. Oltre alla media punti addirittura dimezzata rispetto alla gestione Garcia. Statistiche inappellabili, che certificano il fallimento del tecnico toscano, mentre il Napoli affonda, sempre più vicino alla parte sinistra della graduatoria. Dunque, se lo “stratega d’oltralpe” aveva contribuito con il suo (non) lavoro a snaturare la squadra, il nuovo arrivato ha fatto peggio. A certificarlo, le statistiche. Senza trascurare la posizione di centroclassifica.
Altro che rincorsa al quarto posto, utile per strappare la qualificazione alla Champions del prossimo anno. Bisogna accettare la realtà: la squadra partenopea è precipitata nelle gerarchie della Serie A. Derubricata a mera provinciale, che vince solo con le “piccole”. E spera di rimanere aggrappata all’ultimo treno utile per sbarcare nell’Europa della middle class. Per inciso, quella che può ambire alla Conference League, accontentandosi di un allenatore ai margini, fuori dal giro che conta davvero. Oppure di chi si era stancamente avviato sul viale del tramonto, e viene frettolosamente richiamato in servizio per mero opportunismo. Tirato fuori dalla naftalina per apparare i guai compiuti da altri.
Mazzarri scelta affrettata
Eppure una fetta consistente di stampa amica continua a sostenere Mazzarri, senza chiedersi se veramente conoscesse i principi di base del 4-3-3, come da lui stesso sbandierato ai quattro venti. Erano i tempi in cui il suo nome veniva accostato al Napoli, “in tutti i luoghi e in tutti i laghi” (cit. sanremese, doverosa nel post Festival…). Dimenticando che il calcio è cambiato velocemente, mentre lui appare irrimediabilmente vincolato a dinamiche vecchie e sorpassate. Una sorta di dinosauro, al tempo dell’intelligenza artificiale.
Lontano il periodo in cui De Laurentiis aveva già commissariato il tecnico francese, e l’Uomo di San Vincenzo sosteneva nemmeno tanto velatamente la propria candidatura. Raccontando a chiunque volesse ascoltarlo che era fresco di studi strategici. Ergo, in grado di ereditare la panchina che fino a pochi mesi prima era occupata con sagacia da Spalletti.
Del resto, il calcio propositivo seduce tifosi e addetti ai lavori. Ma vuoi mettere il fascino di una difesa robusta. La differenza tra una sostanziosa densità sotto la linea della palla, rispetto all’ipotesi remota di mettere assieme almeno tre dei sei offensive player presenti in organico. Quanto possa incantare un centrocampo muscolare, dove al fosforo si preferisce la clava. L’avvenenza sensuale del lancio lungo a scavalcare la mediana, invece di dialogare sul breve, mangiando il campo attraverso un possesso intenso e qualitativo.
Ad adornare con la classica ciliegina una torta così invitante ha provveduto poi Theo Hernandez, che ha bruciato i Campioni d’Italia a retroguardia schierata. Con gli azzurri che affannosamente cercavano di stargli dietro, nel frattempo che il francese scappava comodamente in campo aperto. Cose che succedono, quando decidi di non arricchire la rosa con un centrale rapido nelle letture ed esplosivo sul primo passo.
Che pena il Napoli laggiù
Insomma, se Mazzarri è il nuovo che avanza, allora il nono posto del Napoli è giustissimo. Perché oggigiorno l’allenatore è completamente inadatto a invertire il trend negativo, un po’ per indole. Il suo è un calcio marcatamente reattivo. Quindi, si adatta al gioco dell’avversario di turno, piuttosto che tentare di imporsi. Un atteggiamento non necessariamente rinunciatario: ieri nei 20’ iniziali gli azzurri sono stati discretamente proattivi. Nondimeno, mentalmente arretrato. Una palese mancanza di coraggio che produce conseguenze nefaste pure sui giocatori.
Sconsolante veder uscire Simeone, unico centravanti di ruolo, capace di garantire un briciolo di profondità, sostituito dal Raspadori attuale, pallida controfigura di sé stesso. Una pena immensa vedere Lindstrom e Ngonge accomodati in panca nel momento in cui forse era il caso di alzare decisamente il baricentro, invadendo la trequarti rossonera, a caccia del pareggio.
Al netto del 3-5-1-1 di San Siro, sembra ormai chiaro. Mazzarri bada innanzitutto a non prenderle, che a darle. Del resto, finora ha vinto solamente contro una “Big”: l’Atalanta, all’esordio. Probabilmente, l’unico motivo per cui non gli è stato presentato il benservito risiede proprio nella consapevolezza del presidente, rassegnato a mettere da parte qualsiasi velleità, in questa stagione maledetta.
Però che pena vedere chi indossa lo Scudetto cucito sulla maglia girovagare per il campo senza una metà…
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