Altro che prossimo tormentone estivo, ormai lo sanno pure le pietre che Victor Osimhen lascerà il Napoli. La clausola risolutiva da 130 milioni – attivabile a luglio, e da pagare in un’unica soluzione -, appare decisamente la valvola di sicurezza accessoria al rinnovo, che la società ha voluto inserire nel nuovo contratto. Così, a fronte dei 10 milioni netti a stagione, che percepirà il nigeriano grazie al nuovo accordo fino al 2026, trasformandolo nel giocatore più pagato nella storia del club partenopeo, De Laurentiis si è assicurato una cospicua via di uscita.
L’idea del presidente rimane quella di accomodarsi al tavolo delle pretendenti senza dover intavolare alcuna trattativa di sorta, avendo una base solida da cui partire. Sostanzialmente, la cessione del centravanti azzurro potrebbe scorrere assai veloce e senza alcun intoppo. Nel senso che, chiunque arrivi a Castelvolturno, dovrà semplicemente staccare un assegno da 130 milioni per portarsi a casa Osimhen.
In questo scenario si inserisce la situazione legata a Kylian Mbappé. L’attaccante del PSG, in scadenza a giugno, ha detto adieu, comunicandolo ai vertici societari. Insomma, il presidente Nasser Al Khelaifi è consapevole che il suo bomber intende cambiare aria. Vuole assolutamente voltare pagina e lasciare Parigi. Ergo, manca solo la conferma ufficiale dell’accordo col Real Madrid.
A questo punto, sotto la Torre Eiffel devono voltare pagine, e trovare un sostituto all’altezza. Ecco quindi che l’emiro del Qatar, nella corsa all’ideale successore di Mbappé, ha messo in cima alla lista il nome del centravanti napoletano. Tra l’altro, pupillo di Luís Campos. Un legame che risale ai tempi del Lilla. L’attuale responsabile del mercato dei parigini all’epoca ricopriva il medesimo ruolo a Les Dogues: Victor fu acquistato dallo Charleroi proprio su istanza del diesse portoghese.
Ligue 1 poco allettante
Ovviamente, se fosse esclusivamente un problema di soldi, si potrebbe anche dare per certo (o quasi…) il passaggio di Osimhen alla corte di Luis Enrique. La situazione, però, è fluida, tutt’altro che scontata. Perché il desiderio del numero nove in maglia azzurra resta la Premier League. Effettivamente, Oltremanica gli estimatori non mancano.
Del resto, la Ligue 1 suscita sicuramente un fascino minore. Il divario tra il PSG e la concorrenza si fa sempre più esasperato. La forza economica dei qatarioti sembra davvero incolmabile. Tale da creare un paradosso: in Francia non ci sono avversari che possano contrastarli efficacemente. Ogni tanto viene fuori qualche partita fuori pronostico. Ma si tratta di risultati occasionali, frutto di eventi contingenti o cali di tensione agonistica. Insomma, nell’arco di una stagione, i parigini cannibalizzano comunque campionato e Coppa di Francia.
Ben altro accade invece in Europa. La Champions rimane una chimera. Forse perché, al netto degli investimenti principeschi su Top Player (o presunti tali…), strapagati a peso d’oro, contro squadra del medesimo livello, soffrono non il divario tecnico-tattico. Bensì il fatto che la Ligue 1 sia una Lega poco allenante, almeno per le loro velleità di grandezza.
Nella scia dei bomber africani
Di ben altro spessore, il valore della Premier. Una realtà in cui l’intensità non scende mai sotto livelli massimali. Dove chi ha legittime ambizioni di grandezza deve interfacciarsi con una media borghesia calcistica agguerrita. Senza trascurare le “piccole”, nient’affatto intenzionate a retrocedere, prima di aver combattuto fino all’ultimissimo minuto.
In definitiva, la scelta di Osimhen è dibattuta tra una sorta di prigione dorata rappresentata dal PSG, dove vincerebbe, continuando a fare una valanga di gol. Una sensazione che ha già vissuto col Lille. Magari ripetendosi con continuità nella Coppa dalle Grandi Orecchie.
Nondimeno, a stuzzicarlo non poco, la sensazione di poter ripetere le gesta dei grandi bomber africani. Che in Inghilterra hanno dominato: Drogba, Jay-Jay Okocha, Pierre-Emerick Aubameyang, Mané o Salah.
E poi la Premier esprime un calcio ipercinetico. Il gioco si dipana a ritmi forsennati. Bisogna associare l’abilità nei fondamentali alle indubbie doti fisiche. Tutte cose che all’Ombra del Vesuvio, Victor ha palesato. Cambiando pelle e convertendosi in un offensive player completo. Capace di associarsi coi compagni, accorciando in zona palla per cucire il gioco. Ed al contempo, sbranare con feroce determinazione la profondità alle spalle della linea difensiva, alla stregua del leone a che insegue la gazzella nella savana.
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