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di Giuseppe Esposito e Antonio Napoletano

In Iran il procuratore generale, Mohammad Montazeri, annuncia la sospensione della “Polizia morale” ma il ministero dell’interno iraniano non conferma e neanche la tv di Stato iraniana in lingua araba Al-Alam. La mossa del procuratore assomiglia a quella di un giocatore d’azzardo che cerca di far cadere l’avversario nella trappola.

Nessuno crede agli annunci e le manifestazioni vanno avanti. Sono pianificate ed organizzate, specie nella capitale e nei grandi centri, da gruppi che impartiscono istruzioni e comportamenti. Una tattica usata dai coordinatori delle proteste è quella di evitare concentrazioni in determinati luoghi perché le forze di sicurezza sarebbero avvantaggiate nella repressione.

Il gruppo organizzato “karai” ha diffuso, su twitter, istruzioni su come tenere puliti gli smartphones e i dispositivi elettronici, inoltre sollecita di proteggere i profili social con password da cambiare frequentemente. Un’ altro gruppo, il “Mashhad Neighborhood Youth”, ha invitato i propri membri a distruggere le telecamere di sorveglianza che si trovano nei luoghi delle proteste per evitare l’identificazione dei manifestanti. La “gioventù del quartiere di Hamedan” ha diffuso istruzioni per la fabbricazione di bombe molotov e spray al peperoncino.

Tutto sembra pronto per le proteste previste tra il 5 e 7 dicembre, giorni in cui in Iran ricorre la giornata nazionale dello studente.

Il regime diventa sempre più nervoso e cerca di sondare l’umore della popolazione. Il Ministero dell’Interno iraniano ha riscontrato che la maggior parte della popolazione non si fida di come i media statali raccontano gli eventi ed è convinta che le proteste non finiranno presto.

L’ayatollah Khamenei ordina repressioni più dure e senza tolleranza. Ha anche chiesto che il religioso Moulana Abdol Hamid venisse screditato e minacciato di arresto per il ruolo che ha assunto nell’appoggiare i manifestanti delle provincie del Sistan e Beluchistan. Gli abitanti di quei territori difendono il religioso sunnita ed espongono un manifesto che lo indica come una “linea rossa” che il regime non deve oltrepassare, facendo intendere che non accetteranno né censure del suo messaggio né tantomeno un suo arresto.

Il potere centrale della Repubblica Islamica è in difficoltà. Questo sarebbe confermato, così rivela l’Iran International, dal fatto che il regime avrebbe chiesto alla Russia la fornitura di attrezzature antisommossa e l’invio di consiglieri per aiutare i propri funzionari della sicurezza a reprimere le proteste.

Da più parti, dentro e fuori dall’Iran, c’è la consapevolezza che l’insurrezione potrebbe sfociare nella caduta del regime Islamico. Forse è proprio per questo che il governo, oltre all’abolizione della “Polizia della morale” (Irshad), peraltro non confermata, ha annunciato che il parlamento sta lavorando ad una modifica della legge che obbliga l’uso del velo islamico (hijab). Gli iraniani non si illudono, gli anni di regime gli hanno insegnato a non fidarsi e continuano ad inneggiare alla democrazia, alla libertà ed all’equità sociale.