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Dopo l’attacco dell’Iran nella notte di sabato 13 aprile contro Israele , sventato grazie al contributo di America, Inghilterra, Francia e Giordania, continuano le tensioni tra le due nazioni. Il primo ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ha riunito nelle ore successive alla rappresaglia di Teheran il gabinetto di guerra per ben quattro volte in due giorni al fine di preparare la controffensiva. Nei giorni scorsi il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva invitato il Primo ministro d’Israele a non rispondere all’attacco. Il governo israeliano, tuttavia, ha fatto orecchie da mercante alle parole di Washington e in queste ore sta valutando le proposte dell’esercito sulle possibili ritorsioni. Al momento i suggerimenti, ognuno dei quali rappresenta una “risposta dolorosa” ma al momento non sono stati ne i tempi ne i modi in cui avverrà. Le intenzioni dello Stato ebraico sono quelle di punire Teheran senza però scatenare una guerra regionale. Tra le proposte presentate dall’esercito israeliano c’è quella di colpire una moschea senza fare vittime. Un altro obiettivo potrebbe essere anche una centrale nucleare nella quale l’Iran sta lavorando all’arricchimento dell’uranio. Oppure colpire le milizie filo-iraniane o i personaggi di spicco dei guardiani della rivoluzione.

Netanyahu, come riportato da Tgcom24, ha dichiarato che “L’Iran dovrà aspettare nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele. Risponderemo all’attacco ma lo faremo in maniera saggia e non di pancia”. Sull’altro fronte, quello contro le forze di Hamas, l’esercito israeliano ha deciso di rinviare l’operazione nella città di Rafah. Mentre il movimento islamico ha ridotto il numero degli ostaggi israeliani che sarebbe disposto a liberare in cambio di una tregua di sei settimane.