L’Iran è sempre più isolata a livello internazionale. La sua mancata presenza alla recente conferenza della sicurezza di Monaco, del 17-23 febbraio, ne è una testimonianza. Alla stessa riunione sono però intervenuti alcuni rappresentanti dell’opposizione all’estero. Tra questi: Ciro Reza Pahlavi, figlio dell’ultimo Scià di Persia; Masih Alinejad, giornalista e attivista per i diritti; e Nazanin Boniadi, attrice e già portavoce per Amnesty International USA.
L’isolamento di Teheran non è dovuto solo alla dura repressione che il regime ha attuato verso le proteste. C’è la collaborazione con Mosca attraverso la fornitura di droni che vengono utilizzati nella guerra in Ucraina e anche la spinosa questione sul nucleare. La Reuters riporta che l’AIEA, l’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, ha trovato uranio arricchito all’84% in Iran, molto vicino alla percentuale del livello per le armi che è al 90%.
In Iran la situazione è sempre critica. L’economia è in caduta con prezzi alle stelle per un’inflazione sempre crescente. Il costo di alcuni beni come le carne e quasi raddoppiato. Ed un giornale, il Sazandegi, è stato chiuso perché ha riportato la notizia in prima pagina titolandola “Ribellione della carne”.
La correlazione tra i problemi economici, sociali, culturali, civili e le proteste per Masha Amini è sempre più stretta.
Il divario tra regime e popolazione cresce. Il potere teocratico non riesce a porre rimedio se non teorizzando ragioni e soluzioni filosofiche, piuttosto che pratiche. La distanza tra base (popolo) e vertice (regime) viene avvertito come pericoloso per la sopravvivenza dello stesso sistema. Il rischio viene avvertito tra alcuni intransigenti, pragmatici, al potere. C’è chi dice che senza una riforma il regime si delegittima. Tale posizione non è però critica verso la Repubblica Islamica, nata dalla rivoluzione del ’79, ma vuole rafforzarla attraverso una riforma del governo.
Collasso della Repubblica
Mohsen Renani (in foto), accademico dell’università iraniana di Isfahan, si fa avanti tra intellettuali. Ha deciso di pubblicare sul suo profilo social una lettera che era da tempo in attesa di essere recapitata dall’ex ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, alla guida suprema Khamenei. Nel documento dice che la Repubblica Islamica è nella fase finale della sua caduta, quasi vicina al collasso. Per il professore il movimento di protesta, seppure silente in questa fase, ha avuto un grande successo. Per lui la nuova generazione, che protesta, dovrebbe essere ascoltata non repressa. Renani vede il passaggio alla fase successiva quasi inevitabile ma auspica che, la transizione, avvenga nel modo meno “costoso” per l’Iran.
Menziona l’esperienza Cilena e Sud Africana ed anche quella della Libia e della Siria. Ma tutto dipende dal comportamento del governo e poi da quello dalla società. Aggiunge che “gli interessi nazionali dell’Iran chiedono che entrambe le parti (governo e società) provino tutti i modi meno costosi. Cioè, l’evoluzione rivoluzionaria e violenta deve essere l’ultima soluzione”.
Renani da ancora una possibilità al regime ma pare non esserne convinto.
Il futuro dell’Iran è quasi scontato per alcuni. Per il regime non c’è futuro senza lo Stato Islamico generato sui principi dalla rivoluzione del ’79. Liberalismo o Assolutismo si vedrà!
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