L’ Iran si avvia verso un periodo di festeggiamenti.
Il 15 marzo si celebra lo “Chahar Shanbeh Souri” , la festa dei falò del mercoledì: si scende in strada, ci si riunisce introno ai fuochi passandoci sopra e si recitano dei ritornelli. Il 21 marzo c’è il “Nowrouz”, ricorrenza del capodanno iraniano e inizio della primavera: le famiglie si riuniscono attorno ad un tavolo per condividere i regali. Sono feste molto ravvicinate tra loro e moltissimi iraniani si muoveranno in tutto il paese. C’è chi raggiunge i propri luoghi di origine e c’è chi va in vacanza.
Tutto questo movimento di persone rappresenta una sfida per il regime e per la sicurezza. Specialmente in questo periodo dove il paese è attraversato dalle proteste: dei movimenti Masha Amini, per i disagi economici, sociali, culturali e per gli avvelenamenti.
Il regime teme che le prossime festività possano essere catalizzatrici di diffuse manifestazioni nel paese. Queste ricorrenze di origine zoroastriane non sono mai state ufficializzate dal potere centrale ma, forse a malincuore, sono state tollerate. Anche i religiosi sciiti, nella preghiera di venerdì 10 marzo, hanno consigliato i fedeli a non festeggiare il “Chahar Shanbeh Souri”. Hanno voluto ricordare e rimarcare, per impaurire, che in passato molte persone sono rimaste ferite o hanno anche perso la vita durante questa ricorrenza. A detta di molti, anche questi appelli rientrano tra i tentativi di islamizzazione della società iraniana.
Continuano gli avvelenamenti
Le intossicazioni, intanto, continuano a colpire le studentesse ed anche bambini. Le provincie interessate sono molte.
Le autorità iraniane non hanno agito come ci si aspetterebbe da chi ha responsabilità di governo. Non hanno adottato misure concrete per contrastare gli avvelenamenti e comprenderne seriamente le cause. In alcuni casi, dopo il verificarsi dell’evento, gli studenti sono stati invitati a rientrare in aula. Alcuni medici hanno rivelato, in anonimato, che gli è stato imposto di non divulgare notizie su episodi a loro conoscenza.
Il ministero dell’Interno solo sabato scorso, dopo mesi di intossicazioni e preoccupazioni tra genitori e studenti, ha annunciato di aver arrestato 100 sospetti. Anche in questo caso, con superficialità e minimizzando la gravità dei fatti, ha attribuito alcuni atti a giovani che volevano scherzare ed ottenere l’interruzione di alcune lezioni.
Sugli avvelenamenti il religioso sunnita Abdol Hamid accusa direttamente il regime e dice che chi agisce (avvelenando) è all’interno del sistema. Aggiunge che i diritti e la dignità delle donne devono essere rispettati. Rivolgendosi poi al Governo invita i suoi funzionari a risolvere i problemi del paese tra cui anche quello dell’acqua nella provincia del Sistan.
E se da una parte si fa poco per mettere in sicurezza la salute delle studentesse dall’altro il regime ha tempo e voglia per esaltare il dogma sull’uso del velo, l’hijab. Molte donne specie nella capitale si mostrano sempre più senza il copricapo (loro imposto) e in alcuni luoghi si fa quasi fatica a dire che si è a Teheran.
La festa delle donne è stata una ulteriore occasione per mostrarsi senza velo e per manifestare contro esso. Il video di ragazze che senza il copricapo ballavano e cantavano sta facendo il giro del WEB e ha anche scatenato la caccia alle autrici da parte della polizia iraniana.
