
In Iran le manifestazioni entrano nel quarto mese e la piazza continua a protestare. Sotto la mannaia della repressione cade Aida Rostami, la dottoressa che curava i manifestanti feriti. Il corpo della giovane donna viene restituito ai familiari con segni di torture ma ufficiamene è “vittima di un incidente stradale”
Nel paese la crisi economica si accentua nonostante le sue ricchezze petrolifere. La moneta iraniana è in discesa e continua a svalutarsi, tanto che gli organizzatori delle proteste invitano via Twitter a prelevare i soldi dalle banche e convertirli in valuta pregiata ed oro.
Il regime Iraniano trova sempre un’occasione per scagliarsi contro gli USA. Questa volta Teheran critica Washington perché ha sostenuto, presso l’ONU, la mozione per espellere l’Iran dalla Commissione sulla condizione delle donne. Nel Kurdistan iraniano la decisione viene festeggiata.
L’IRGC vuole delegittimare chi organizza i gruppi di protesta
l’IRGC prova in tutti i modi a spaccare il fronte delle manifestazioni. Tramite i sui organi di stampa e i social media sta mettendo in moto una campagna d’informazione diffamatoria nei confronti dei gruppi organizzati di quartiere. Oltre a dire che collaborano con il regime, fornendo informazioni sui manifestanti, li accusa di legami con l’Arabia Saudita ed altri gruppi esterni che fomenterebbero le rivolte. Come rivela l’istituto sullo studio della guerra le due asserzioni contrastano tra loro ma rivelano che il potere centrale è consapevole dell’esistenza dei gruppi e della minaccia che rappresentano.
Tra i gruppi più attivi c’è sempre il “Neighbourhood Youth” che diffonde un manifesto contenente la sintesi scritta del video YouTube dello scrittore americano Robert Green. Il romanziere, nel video, dice che i regimi autoritari come quello iraniano hanno paura dei gruppi di protesta ed adottano nei loro confronti la strategia del “silenziamento” e della “separazione”. Queste due attività viaggiano sempre assieme. Con la prima si vuole mettere a tacere le voci scomode mentre con la seconda si vuole separare ed indebolire la forza della massa.
Anche “Neighborhood Karay” ha fatto circolare il manifesto ed ha indicato, inoltre, in cinque punti gli atti da mettere in pratica per dare concretezza alle raccomandazioni di Green.
Il religioso sunnita Abdol Hamid critica il regime
Tra le voci autorevoli che prendono le distanze dal regime spicca sempre quella del religioso sunnita Abdol Hamid, del Belucistan. Questi, nella preghiera di venerdì scorso, accusa la leadership iraniana di essere debole e incapace di gestire la Repubblica Islamica. Ha anche detto che i manifestanti non devono essere né picchiati né giustiziati. E riferendosi poi alla demografia del paese invita a superare le appartenenze sunnite, sciite ed etnie varie perché si è tutti iraniani. Così come dagli zoroastriani ai dervisci e ai baha’i, tutti sono umani ed iraniani ed i loro diritti devono essere rispettati.
I prossimi giorni ci potrebbero essere, su esortazione dei gruppi organizzati, intense manifestazioni. Sui social si incita a scendere in piazza. Studenti, commercianti, trasportatori, medici, categorie statali ed altri vengono chiamati alla partecipazione di massa.
