Iran. Le forze di scurezza del regime hanno percepito che la protesta sta prendendo sempre più le sembianze di movimento rivoluzionario, o controrivoluzionario, e per questo stanno cambiando approccio nel modo di sedare i moti. Sono passate a tecniche di contro-insurrezione. Il leader supremo Khamenei, gli alti funzionari ed i capi dell’IRGC avvertono questa nuova fase delle manifestazioni come minacciosa per la sopravvivenza del regime.
Il numero dei dimostranti arrestati si ingrossa sempre più e la scure del regime si abbatta anche su Farideh Moradkhani, nipote del capo supremo Khamenei, che è stata incarcerata per aver appoggiato le ragioni dei manifestanti.
Secondo Human Rights Activists Iran (HRAI), al 25 novembre, sarebbero oltre 18.000 i manifestanti arrestati, tra cui anche 110 bambini. Altri dati forniti da Iran Human Rights (IHRNGO) riportano almeno 416 persone uccise dalle forze di sicurezza, tra cui 51 bambini e 27 donne.
Il regime intensifica la repressione anche nella regione del Kurdistan iraniano ed aumentano le tensioni con la parte irachena del Kurdistan e con Bagdad.
Teheran accusa i miliziani Curdi iracheni di alimentare le proteste nella parte iraniana e chiede a Bagdad di disarmarli e rimuoverli dai quei territori. In quella regione vengono schierate le forze dell’IRGC sia per combattere i miliziani sia per mettere in sicurezza il confine. Ai manifestanti di quei territori arriva la solidarietà del religioso sunnita Moulana Abdol Hamid che, nonostante i tentativi di persuasione, ha continuato a stimolare le proteste nelle provincie del Sistan e Baluchistan
I manifestanti mostrano più preparazione nel pianificare le proteste mediante l’utilizzo dei social ma questo modo di comunicare da il vantaggio alle forze dell’IRGC di prevedere dove queste avverranno. Ed è forse per questo motivo che negli ultimi due giorni le forze di sicurezza si sono concentrate in luoghi precisi per evitare manifestazioni massicce.
Iran: protesta sempre più rivoluzionaria, regime chiuso ed intransigente
L’altra faccia del regime è rappresentata da alcuni funzionari, anche vicino a Khamenei, che avrebbero suggerito un’apertura all’ascolto con l’adozione di qualche misura di liberalizzazione e ne avrebbero discusso con alcuni riformisti appartenenti alle famiglie Khomeini e Rafsanjani.
Proprio Hassan Khomeini, nipote del fondatore della Repubblica Islamica, pur criticando i comportamenti dell’IRGC, condannando le violenze e auspicando qualche cambiamento ha comunque puntato il dito sulle interferenze straniere che alimenterebbero le proteste.
Khamenei ha opposto il suo rifiuto al rinnovamento, ribadendo una linea intransigente verso i manifestanti e rinnovando le accuse verso agenti stranieri che inciterebbero i disordini.
Il tentativo dei riformisti di suggerire qualche cambiamento sembra per ora fallito. Comunque è stato gettato un sasso nello stagno che dovrebbe aprire qualche discussione anche all’interno della cerchia dei fedelissimi di Khamenei.
-Giuseppe Esposito