La guerra continua senza sosta e non ci sono luoghi sicuri nella Striscia di Gaza.
Il tentativo di mediazione per una tregua portato avanti i giorni scorsi da USA, Egitto e Qatar non ha dato i risultati sperati. La controproposta di Hamas è stata giudicata irricevibile dal Primo Ministro Netanyahu. I leader di Israele sono convinti che la pressione militare, e solo quella, riuscirà a portare a casa gli ostaggi. Le forze di difesa israeliane (IDF), proiettate sul compito ricevuto, proseguono le operazioni su gran parte della Striscia. L’enclave palestinese è sotto pressione e gli scontri si susseguono cruenti sotto la combinazione delle azioni di terra e del fuoco aereo.
Nel nord, dove l’IDF aveva bonificato ed avviato le operazioni di sgombero, si registrano scontri con elementi delle milizie che cercano di re-infiltrarsi nel territorio. Hamas tenta di ricostituire e riorganizzare le proprie capacità operative nell’area.
Scontri continui anche al centro della Striscia dove c’è una concentrazione di bombardamenti che non lasciano alcuna possibilità di ricovero a chi è in cerca di sicurezza.
Khan Yunis
Al Sud, la città di Khan Yonis è teatro delle operazioni delle truppe IDF. C’è un’area di sopra densamente abitata, fatta di colline dense di edifici a più piani circondate da villaggi e campi agricoli. Poi c’è l’area di sotto, delle tenebre, fatta di cunicoli che si intersecano tra loro in una fitta rete sotterranea. Qui, dopo il 7 ottobre ha trovato riparo Yahya Sinwar, leader di Hamas nella Striscia, che è nato proprio in un campo profughi della città. È il ricercato numero di Israele, vivo o morto. Il ministro della difesa Gallant1 ha detto che la guerra finirà in anticipo se gli abitanti di Gaza lo elimineranno prima delle delle forze IDF.
Sinwar non comunica più con nessuno per paura di essere intercettato. C’è anche chi lo da per morto. Alcuni funzionari israeliani avrebbero confidato alla NBC (National Broadcasting Company) che Israele era anche disposta ad accettare un suo esilio, come per altri capi di Hamas, in cambio del rilascio degli ostaggi e della fine del governo di Hamas a Gaza 2.
La Guerra arriva a Rafah
Nell’estremo sud della Striscia di Gaza c’è Rafah. La guerra sta per arrivare li. Fino a qualche giorno fa era stata risparmiata perché indicata come zona sicura. È l’ultimo territorio dell’enclave dove le forze di difesa israeliane non sono ancora presenti in massa. La città si sente minacciata da una invasione annunciata ed imminente.
Rafah è nel mirino delle truppe IDF che si stanno preparando a entrare per eliminare i battaglioni di Hamas che sono lì, ve ne sarebbero quattro. Tutta l’area però, 1/5 della superficie dell’intera Striscia, è costipata da oltre 1.300.000 civili sfollati dal nord. Questi vivono in rifugi di fortuna, in condizioni precarie con carenza di cibo e acqua.
Fin ora ci sono state solo azioni mirate, come quella per liberare i due ostaggi, e bombardamenti notturni. E tanto basta a seminare panico tra i civili.
La prospettiva di operazioni di terra in città sta preoccupando il mondo per i rischi che comporta e per i civili che vogliono fuggire.
Il mondo fa pressione su Netanyahu
Sono in molti a diffidare il Primo Ministro di Israele dal compiere una azione di guerra violenta a Rafah. Gli USA dicono che non ci può essere una operazione massiccia sulla città senza un piano “credibile” di protezione che metta al riparo la popolazione. Ma in tanti sono convinti che le pressioni internazionali, anche se molto forti, non riusciranno a condizionare il Primo Ministro Netanyahu che mostra una chiara determinazione ad andare avanti secondo i suoi piani.
A sud di Rafah c’è poi la Filadelfia Route, un corridoio di sicurezza che percorre i 14 km di confine tra la Striscia e l’Egitto. Un muro sorvegliatissimo da entrambe le parti, da Israele e Egitto, impedisce in tempi normali, l’afflusso di palestinesi da Gaza. L’Egitto è preoccupato, è contrario ad azioni di Israele su Rafah e minaccerebbe di interrompere il trattato di pace del 1979 se Israele dovesse procedere in tal senso.
E proprio all’Egitto Israele avrebbe consegnato un piano di evacuazione che prevede il flusso dei civili lungo la costa, da nord a sud. Il piano individua 15 zone su cui allocare, in ognuna, 25.000 tende. Facile a dirsi più che a farsi.
Rafah mette a rischio anche i negoziati per una futura tregua in cui tutti sperano. Per ora al Cairo nonostante tutto, i colloqui tra i mediatori continuano con la presenza degli USA e Qatar.
Tra meno di un mese, il 10 marzo, inizierà la festa religiosa del Ramadan. Tenere la città di Rafah sotto assedio durante quel periodo, con civili in pericolo ed in fuga, potrebbe generare una escalation incontrollabile. Non solo nella Striscia ma anche in Cisgiordania, nel sud del Libano, nel Mar Rosso e pure in Siria ed Iraq dove le milizie dell’asse della resistenza islamica continuano a minacciare le infrastrutture ed il personale statunitense.
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- “We will get to Yahya Sinwar and eliminate him. If the residents of Gaza get there ahead of us, that will shorten the war.” Gallant, Ministro della Difesa di Israele ↩︎
- Anna Schecter, “Israel would be willing to let Hamas military leader Yahya Sinwar sail into exile in exchange for the release of all hostages and an end to the Hamas government in Gaza” – NBC NEWS, Feb. 7, 2024, ↩︎
