E’ morto Paul Alexander, l’uomo che per 70 anni è stato rinchiuso in un polmone d’acciaio. Ad accettarne la morte è stata la sua pagina GoFundMe firmato dall’attivista Christopher Ulmer. Le cause del decesso sono state ricondotte al COVID-19. La tragica storia del natìo del Texas è iniziata a soli 6 anni quando è rimasto paralizzato a causa della poliomielite. A causa delle sue pessime condizioni fisiche i medici sono stati costretti ad inserirlo all’interno del tubo d’acciaio al quale usciva solo la testa. Questo involucro era un polmone d’acciaio che fungeva respiratore artificiale.
A spiegare questo meccanismo è stato Vincenzo Montesarchio, direttore Pneumologia e Oncologia all’Ospedale Monaldi di Napoli, come ha riportato La Repubblica: “Il polmone d’acciaio in cui Paul Alexander ha vissuto per lungo tempo è una sorta di grande tubo metallico che, in passato, si utilizzava per permettere ai pazienti di respirare. Queste macchine utilizzano il vuoto per spingere l’aria dentro e fuori dai polmoni, sostituendosi in parole povere, ai muscoli che nel caso di Paul non funzionavano. Questo tipo di ausili respiratori sono stati, nel corso del tempo, sostituiti da ‘ventilatori meccanici’, meno rudimentali, più maneggevoli e più performanti”.
Nonostante questo importante handicap, Alexander è riuscito a condurre una vita piena di traguardi importanti: laurea in Giurisprudenza, professione di forense e ha scritto anche un libro di memorie dal nome “Three Minutes for a Dog”.