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In Iran si sono superati i 200 giorni di proteste. A quelle partite a settembre scorso per la morte in carcere di Masha Amini si sono aggiunte anche quelle economiche e sociali. Da allora, secondo i dati di Iran Human Right (IHRNGO), almeno 537 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza. Tra questi 48 donne e 68 bambini. Quattro manifestanti sono stati giustiziati per impiccagione. I dati si riferiscono alle sole proteste di piazza. Nello stesso periodo sono state giustiziate anche altre persone per fatti non collegati alle proteste, come le 180 per reati di droga.

Le tensioni interne sono sempre legate alle misure sull’obbligatorietà del velo ed ai problemi economico-sociali.

Il vincolo del velo viene confermato e si cerca di farlo apparire come postulato di ordine sociale. Il regime ha messo in atto una lotta a tutto campo. Coinvolge chi è pro-regime, istituzioni statali e parastatali, ma anche gli attori della vita sociale e economica quotidiana.

Il presidente Raisi ancora una volta ha fatto riferimento alla “castità” ed al “velo” come necessari. L’hijab resta una esigenza religiosa ed un comando divino.

Sul copricapo femminile e sulle questioni economiche è intervenuto, dopo un periodo di relativo silenzio, il leader supremo Khamenei. Lo ha fatto durane un incontro con alti dirigenti del regime. Ha ribadito l’obbligo islamico e legale del velo (hijab). Lo Inquadra come una limitazione “religiosa” e “politica”. Rimuoverlo è un “haram” (divieto) sia islamico che politico. Chiama in causa anche il padre della rivoluzione Khomeini, che durante le prime settimane del movimento per la trasformazione ne aveva sancito l’obbligatorietà, e ribadisce che la questione sarà definitivamente risolta.

Inflazione e produzione.

Sulle questioni economiche Khamenei ha incitato tutte le strutture del paese, statali e non, ad impegnarsi per contrastare l’inflazione e accrescere la produzione. Il motto lanciato sulla politica economica per il nuovo anno è “controllare l’inflazione e aumentare la produzione”

Anche per il Presidente del Consiglio Islamico Mohammad Baqer Ghalibaf si è espresso sul velo e non prescinde dall’uso obbligatorio. Ha pure fatto un distinguo tra coloro che non lo indossano, violando l’obbligo, e coloro che lo indossano male o parzialmente. Per i due comportamenti dovrebbero essere previsti trattamenti diversi uno “negativo” e l’altro “positivo”. Non è chiaro come.

Nel paese intanto si sono registrati nuovi avvelenamenti tra gli studenti. Il Critical Threats Project (CTP) presso l’American Enterprise Institute fa notare che le intossicazioni sono riprese dopo il periodo delle festività del “Nowruz” dal 20 al 30 marzo. E questo fa pensare che la temporanea assenza di questi fenomeni fosse dovuta più alla chiusura delle scuole che alle misure, apparenti, adottate dalla polizia. Ancora di più, allora, si fanno strada i sospetti di un coinvolgimento dell’apparato.

In Iran si continua a morire per la libertà ma se ne parla poco.

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