Ancora non c’è risposta da parte di Hamas alla proposta di tregua di Israele. Ore di attesa. Il movimento palestinese sta studiando e valutando con spirito positivo la proposta di Israele mediata da Egitto e Qatar, secondo le dichiarazioni del capo politico del movimento.
La proposta di Israele è stata giudicata buona dal segretario di stato americano Blinken, anzi generosa. Tra i punti di Israele c’è sempre quello degli ostaggi fatti da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre scorso. Ma è anche un punto forse controverso, non perché Hamas non voglia restituirli ma perché potrebbe avere difficoltà a farlo.
La proposta di tregua prevedrebbe tre fasi:
- fase 1 : 42 giorni di tregua. Rilascio di 33 ostaggi in cambio di 633 prigionieri palestinesi. Allentamento della pressione delle Forze di Difesa Israeliane su Gaza;
- fase 2: altri 42 giorni di tregua con rilascio di altri ostaggi e prigionieri palestinesi, tra questi anche condannati all’ergastolo. Durante questa fase si penserebbe anche a gettare le basi per un cessate il fuoco permanente. Israele vorrebbe rilasciare alcuni prigionieri all’estero in modo che non facciano rientro nè a Gaza nè in Cisgiordania;
- fase 3: ulteriori 42 giorni di tregua con previsione di scambio salme di ostaggi e terroristi.
Quattro mesi in tutto di tregua al termine del quale ci dovrebbe essere un cessate il fuoco definitivo. Israele lascerebbe Gaza e si darebbe avvio alla ricostruzione.
Mentre si attende l’esito delle decisioni non si abbassa l’intensità gli scontri nella Striscia. Lo spettro di un’operazione su Rafah non cala. Il PM Netanyahu è determinato e lo conferma ad ogni occasione: “…Faremo tutto il necessario per vincere e sconfiggere i nostri nemici, anche a Rafah”. Gli americani sono sempre contrari in assenza di un piano che tuteli la popolazione. Funzionari di Hamas accusano il primo ministro israeliano di rilasciare dichiarazioni che minano le prospettive per una tregua. Secondo loro Netanyahu è un ostruzionista non interessato a raggiungere un accordo. E c’è chi si pone proprio la domanda di come si possa arrivare ad un accordo se Netanyahu continua a dire di voler procedere su Rafah.
Il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, Sinwar, da cui potrebbe dipendere la risposta della organizzazione palestinese per la tregua.
Secondo alcuni gli americani dovrebbero fare da garanti perché Israele rispetti gli impegni dichiarati. In attesa della risposta di Hamas il ministro israeliano Gantz invita gli alleati di governo a tenere sangue freddo. C’è molto in gioco e la situazione è critica, esacerbarla non porterebbe a nulla di buono.
I Civili ammassati al sud della Striscia sperano che ci sia una tregua ed il cessate il fuoco. Vogliono fare rientro nei luoghi di provenienza al nord e al centro. Li troveranno macerie ma a loro non interessa. Non vogliono essere smobilitati ancora per andare in un altro campo profughi. Perché con l’operazione su Rafah questa è la prospettiva. Israele sta organizzando al centro della Striscia, verso la costa, zone di evacuazione per accogliere gli sfollati. 40.000 tende sono disponibili e già si stanno predisponendo per l’accoglienza. Per alleviare le loro sofferenze e portargli cibo, acqua e medicinali gli USA stanno ultimando un molo galleggiante nelle acque prospicienti la Striscia, verso il centro. Il molo farà da supporto alle organizzazioni umanitarie impegnate negli aiuti. Mentre gli americani costruiscono il molo gli Israeliani attrezzano la zona a terra.
Il direttore della CIA, William Burns, è al Cairo per i colloqui sulla tregua e il rilascio ostaggi. Sono ore di attesa. Israele da una parte ed Hamas dall’altra. I negoziatori di USA, Egitto e Qatar lavorano per far raggiungere un accordo.
Le speranze dei civili sono appese ad un filo ma non muoiono. I palestinesi della Striscia fanno trapelare un pò di ottimismo perché il fallimento dei colloqui sarebbe scoraggiamento totale.
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