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di Giuseppe Esposito

Il 24 agosto 1991 l’Ucraina si costituisce come repubblica indipendente. Oggi ne ricorre l’anniversario. Ma non si festeggia. Gli ucraini lo avrebbero fatto se la Russia, proprio il 24 febbraio scorso, non l’avesse invasa. Trascinandola in guerra. Oggi ne le sirene ne le campane suoneranno a festa. Le prime continueranno ad indicare il pericolo di un attacco imminente e gli ucraini dovranno trovare riparo ovunque.

Sei mesi fa l’inizio del dramma. Putin da il via all’“operazione militare speciale”. I carri russi oltrepassano il confine.

Città annientate, infrastrutture distrutte, vite spezzate, sogni infranti, fame e stenti. La crisi del grano, di cui solo ora si vede qualche spiraglio, ha attanagliato per mesi intere popolazioni.
Famiglie disgregate i cui componenti vagano per il paese e per l’Europa in cerca di luoghi sicuri e protetti. Secondo i dati dell’UNHCR sono più di 6,7 milioni i rifugiati attraverso l’Europa. Altrettanto sono gli sfollati interni. Tra i civili più di 5.500 hanno perso la vita. Oltre 7.800 i feriti.
Gli attacchi missilistici non hanno risparmiato né le infrastrutture dedite alla sanità né quelle all’educazione. Sulle prime si sono registrati più di 460 attacchi, sulle seconde oltre 2.420.

Sui numeri dei combattenti uccisi c’è molta reticenza. La propaganda la fa da padrona. In ogni caso qualunque cifra venisse comunicata sarebbe di difficile verifica. Gli uni e gli altri tendono a gonfiare le predite avversarie e sotto dimensionare quelle proprie. Sono molte migliaia da ambo le parti.

Sei mesi di vani tentativi di mediazione. Molti capi di governo hanno provato con Putin. Tutti hanno ricevuto un “Нет”, no! Le sanzioni inflitte dall’Europa e dagli stati occidentali non hanno fatto desistere l’invasore dal perseverare. Eppure gli effetti di queste si fanno sentire sulla Russia e non solo.
Le fonti energetiche entrano in guerra e giocano un ruolo importante. Se l’Europa taglia le forniture in ingresso anche la Russia lo fa in uscita. Attraverso il Nord Stream 1 con la scusa di manutenzioni programmate. E il prezzo del gas e dell’elettricità tormenta l’Europa.
Mosca ha indirizzato parte della propria produzione verso altri paesi affamati di energia. In primis Cina ed India. Con ambedue ha organizzato sul proprio suolo delle esercitazioni militari. Le “Vostok 2022” che si terranno a breve. Vi parteciperanno anche Bielorussia, Tagikistan e Mongolia. È evidente come l’asse Mosca-Pechino sia sempre più saldo. Questo preoccupa Washington. Anche in previsione di futuri scenari per l’isola di Taiwan.

All’orizzonte non si vede l’arcobaleno. Con l’Ucraina c’è un mutamento della geopolitica mondiale. Di sicuro la guerra porta e porterà conseguenze devastanti per il paese invaso. Ma anche gli altri paesi non sono e ne saranno immuni dall’onda d’urto del conflitto. La diplomazia, sotto traccia e non, dovrà fare un grande sforzo perché si possa vedere un barlume di luce in fondo al tunnel.