E’ giusto che le figlie paghino per le colpe del padre?
Con questa domanda facciamo il punto su ciò che sta accadendo alle sorelle Selassiè in seguito alla condanna del padre, avvenuta in Svizzera pochi giorni fa.
E’ proprio dal giornale svizzero ‘TvSvizzera.it’ che emergono le informazioni sulla vicenda processuale che vede coinvolto il padre di Christian, Jessica, Lulù e Clarissa. Benché il primo non sia noto al grande pubblico, le sue sorelle minori sono ormai presenza fissa nelle pagine di cronaca rosa italiana. Con la visibilità ottenuta dopo la partecipazione alla sesta edizione del Grande Fratello Vip, le ‘principesse etiopi’ sono vittime sacrificali dei media alla ricerca di uno scoop. Proprio durante il reality show condotto da Alfonso Signorini, si accesero i riflettori sulla condizione del padre, che loro stesse ammisero essere stato arrestato poco prima del loro ingresso nella Casa più spiata d’Italia. In aggiunta, balzarono agli onori delle cronache indiscrezioni sulla loro effettiva appartenenza alla stirpe dell’ultimo imperatore d’Etiopia.
A mesi di distanza dalla fine del programma, vinto proprio dalla maggiore delle Selassiè, Jessica, si è tornato a parlare della suddetta vicenda in ragione della chiusura del processo a carico del padre. La nota testata svizzera ha così intitolato l’articolo riportante la notizia della condanna: ‘Da principe di Etiopia a principe della truffa’.
‘La Corte ha condannato l’uomo che si professa nipote dell’ultimo imperatore di Etiopia a sei anni per truffa e falsità in documenti. Verrà anche espulso dalla Svizzera’, si legge.
Il lungo processo si è dunque concluso con un’aspra sentenza di condanna e vani sono stati i tentativi della difesa di invocare l’assoluzione del suo assistito. Secondo quanto emerso dagli atti processuali, il 66enne avrebbe raggirato, tra il 2007 e il 2017, alcuni abbienti ticinesi per la somma totale di 13 milioni di franchi. “Le tre vittime – riporta TvSvizzera.it – sono uomini d’affari navigati che hanno omesso qualsivoglia controllo perché ingolositi da quei miliardi che il condannato diceva di avere”.
L’appartenenza alla stirpe Selassiè
Per compiere la suddetta truffa, il padre delle Selassiè avrebbe millantato di essere il nipote del negus neghesti, identificandosi come Aklile Berhan Makonnen Hailé Selassiè. Tuttavia, si sostiene che il suo vero nome sia G.B. e che in realtà non sia altro che il figlio del giardiniere che lavorava nel palazzo imperiale di Addis Abeba. ‘Presentandosi come il nipote di Hailé Selassié – scrive il giudice – li avrebbe persuasi a finanziare una trattativa che sosteneva di avere avviato con lo Stato tedesco. L’obiettivo era incassare obbligazioni del valore di decine e decine di miliardi di dollari emessi dalla Germania dopo la Prima guerra mondiale’.
Per incassare i bond erano però necessari molti soldi, quindi il condannato chiedeva denaro agli imprenditori ticinesi. Così facendo, nel 2016 sarebbe riuscito a farsi consegnare più di 5 milioni di franchi. Dopo non aver visto realizzarsi l’investimento in questione, i truffati si sono rivolti alla magistratura, che ha ‘spiccato un mandato d’arresto nei confronti del sedicente principe etiope, finito poi in manette in Lussemburgo nel settembre 2021 ed estradato in Ticino’.
Le ripercussioni sulle figlie
La vicenda processuale ha avuto ripercussioni sulle figlie del condannato, che hanno ricevuto un’ondata di odio e diffamazione, non solo da parte degli utenti dei social media, ma anche da coloro che presumibilmente avrebbero dovuto sostenerle. Parliamo di presunti amici e conoscenti, che hanno immediatamente preso le distanze da Jessica, Lulù e Clarissa.
Eloquente, in tal senso, è stato il messaggio condiviso dalla maggiore attraverso il suo account Twitter. ‘Il silenzio è d’oro’, pubblicato addirittura prima dell’effettiva condanna del padre. I commenti dei sostenitori della 27enne al suo cinguettio lasciano presumere che la giovane si riferisse proprio ai ‘voltagabbana’. Persone che, giovando della popolarità da lei ottenuta a seguito del programma televisivo, non abbiano perso occasione per allontanarsi immediatamente in un momento che la vedeva in evidente difficoltà.
E qui ritorniamo alla domanda iniziale: ‘E’ giusto che le figlie paghino per la colpe del padre’. La risposta dovrebbe essere negativa, in una società composta da persone ragionevoli e comprensive. Quale sarebbe potuto essere il coinvolgimento di tre ragazze in una vicenda più grande di loro? Nessuno, perché fino a prova contraria ad essere condannato è stato esclusivamente il padre. E gli errori che lui ha commesso non dovrebbero influenzare la carriera o la vita personale di Jessica, Lulù e Clarissa.
Purtroppo però, è utopico pensare che esistano persone in grado di capire questo elementare concetto. Ed è così che sulla piattaforma Twitter non sono mancati messaggi di scherno nei confronti delle sorelle Selassiè e della loro ‘millantata stirpe’. A onor del vero, il padre è stato condannato per truffa e nulla è stato accertato circa la sua effettiva relazione con il negus neghesti. Eppure, anche il cast della nuova edizione del Grande Fratello Vip ha voluto esprimersi sulla vicenda. Il giornalista Attilio Romita ha detto: ‘Sapete che il papà delle sorelle dell’anno scorso faceva il giardiniere a casa mia?’.
Il caso di Giorgia Meloni
Una vicenda, questa, che ha fatto emergere la poca sensibilità e la mancanza di umanità propria di molte persone nella società in cui oggi viviamo. Eppure, solo pochi giorni fa, in tanti hanno gridato all’indignazione dopo le parole della giornalista Rula Jebreal, che ha ricordato la condanna per narcotraffico a carico del padre di Giorgia Meloni. Apparentemente nessuno ha attaccato la leader di Fratelli d’Italia in virtù delle azioni del padre risalenti al 1995. Al contrario, l’opinione pubblica ha mostrato supporto e vicinanza alla futura Presidente del Consiglio italiano, condannando la stampa iberica per aver diffuso la notizia poco dopo la fine delle elezioni politiche.
In conclusione, verrebbe da fare un semplice monito ai cd. leoni da tastiera e a coloro che assumono comportamenti di questo tipo nei confronti di quelle che sono, anch’esse a tutti gli effetti, vittime: siate più umani.
