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L’ordinanza del Ministero della salute è arrivata proprio il 24 dicembre: gli studenti di tutta Italia hanno trovato sotto l’albero la promessa di una riapertura delle scuole in presenza per almeno il 50% di loro già a partire dal 7 gennaio, con l’obiettivo di raggiungere gradualmente il 75% della popolazione scolastica a breve giro. Ma c’è polemica sulla corretta comunicazione dei dati relativi ai contagi nelle scuole e sulle misure adottate (questa volta) per evitare rischi eccessivi.

LE PERPLESSITA’

Perché le perplessità restano tante: i trasporti pubblici in primis, che larga parte avevano giocato nelle polemiche legate alla prima riapertura lo scorso settembre; i meccanismi di segnalazione dei positivi in una classe e l’attivazione dei tamponi e della quarantena fiduciaria; gli orari flessibili, la riprogrammazione delle lezioni, la tutela di studenti, professori e altro personale scolastico, e degli altri lavoratori per i quali è impossibile garantire un minimo distanziamento sui mezzi nelle ore di punta…

E gli studenti, questa perplessità, la sentono tutta, senza bisogno che intervenga il solito De Luca a far la parte del “Bastian Contrario” e a dichiarare che la scuola campana, il 7, non riaprirà affatto. Un sondaggio condotto da ScuolaZoo su un campione di 3mila studenti delle scuole superiori, riportato da Ansa LifeStyle, indica che 5 studenti su 10 vivono la felicità d’un rientro a scuola con l’ansia per i contagi, non tanto per i contatti possibili nelle aule scolastiche, ma soprattutto per i mezzi pubblici congestionati.

I DATI

Ma quali sono i dati reali dell’incidenza del CoVid-19 nelle scuole? Minimi, sostengono le istituzioni e gli “esperti pubblici”, a partire dal CTS. Eppure il bollettino dell’ISS del periodo 28 settembre-11 ottobre 2020, cioè proprio a ridosso della prima apertura, parlava di un 17,3% di positivi con meno di 18 anni. Piena età scolare, dunque. Ed è andato ancora più nel dettaglio Franco Bechis, giornalista de Il Tempo, in un approfondimento del 26 dicembre scorso: secondo il bollettino pubblicato dall’ISS – Istituto Superiore di Sanità – relativamente ai contagi da coronavirus nel periodo 7-20 dicembre 2020, l’11,9% dei positivi ha meno di 19 anni, con una incidenza assai più alta in quella fascia d’età che ha continuato a frequentare le lezioni in presenza anche in caso di misure preventive più stringenti.

E se prendiamo l’evolversi dell’incidenza dei contagi sulle fasce d’età scolare, i dati parlano chiaro: la decade 10-19 anni, che racchiude studenti di medie e superiori, ha visto un incremento dei contagi del +1.042,57% da fine agosto al 7 novembre, quando la DAD è stata applicata a tutti gli istituti superiori. La decade 0-9 anni, comprensiva di asili e scuole elementari, si è piazzata al secondo posto nell’incremento percentuale dei contagi, con un +831,41%. Gli studenti delle università, inclusi nella fascia 20-29 anni, hanno visto un incremento dei contagi del +556,88%. Tutto questo prima della DAD.

LA DAD

Tutto questo a conferma che la deflagrazione dei contagi nella seconda ondata è legato alla ripresa delle scuole in presenza. Certo, combinate ad una quantomeno incauta gestione dei trasporti. Ma con superiori e università in DAD, cosa è cambiato? Contagi ridotti al minimo per le fasce scolari interessate. Mentre asili ed elementari, nel periodo 7 novembre-22 dicembre, sono saldamente al primo posto nella classifica dell’aumento dei contagi, ribadisce Il Tempo.

E visto che comunque i contagi continuano ad aumentare nella fascia dei più piccoli, che è quella tradizionalmente più “scortata” a scuola da mezzi privati, “forse” il problema non sono stati i trasporti. Ma la scuola. Che sia carenza di vigilanza, carenza di sicurezza, carenza di disinfezione, carenza di controllo, carenza di protocolli adeguati, carenza di monitoraggio, carenza di tracciamenti, carenza di tamponi… il risultato è uno solo: abbondanza di contagi. Davvero vogliamo ricominciare tutto daccapo? Davvero vogliamo esporre i nostri figli ad un rischio evitabile?

A quanto rivela il sondaggio di ScuolaZoo, ciò che manca maggiormente agli studenti non sono i banchi di scuola (no, neanche quelli a rotelle) o il confronto diretto coi docenti. Quello che manca sono la ricreazione coi compagni, l’uscita da scuola, i gruppi di studio. Tutto ormai rigorosamente “soppiantato” da occasioni d’incontro digitali. “Oltre alle assemblee d’istituto online, svolte da 4 studenti su 10 tra quelli coinvolti nel sondaggio”, rivela Ansa LifeStyle, “gli intervistati hanno dichiarato di aver organizzato ricreazioni online, sessioni di studio e ripasso di gruppo e addirittura compleanni festeggiati su Google Meet.”

Perché dunque mettere a rischio l’incolumità dei nostri ragazzi, delle loro famiglie, dei professori, quando ancora non abbiamo tutele affidabili dal contagio da Sars-Cov-2? Non ci è bastata la corsa allo shopping di Natale? (adginforma.it)

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