I giorni della merla. Come tutti sanno il 29, 30 e 31 gennaio hanno la fama di essere i tre giorni più freddi dell’anno. Essi oramai da anni, vengono riproposti alla nostra memoria con l’appellativo dei “giorni della merla” In realtà questa nomea scaturisce più da leggende folkloristiche che da acclarate veridicità scientifiche. Relativamente a queste leggende, si va da quella attribuibili al fiume Po ed altre invece a quelle di un uccello, il merlo, che deve confrontarsi con il gelo dell’inverno.
È suggestiva sia la leggenda che racconterebbe l’attraversamento di un cannone chiamato Merla, lungo le rive del fiume Po, camminando sopra la lastra ghiacciata del fiume stesso, e sia quella riferibile ad un’intera famiglia di merli dalle piume bianche, che per proteggersi dal freddo di questi tempi, avrebbe trovato rifugio in un comignolo, per poi fuoriuscirne il 1° febbraio, con le penne completamente tinte dal calore proveniente dal cammino acceso. I maschi, con le piume tinte di nero, mentre le femmine con le piume tinte di grigio.
Ora penso che chiunque, di questi tempi, senza badare al capello, pardon alle piume, si rifugerebbe tranquillamente in un angolo, per sfuggire non solo al freddo invernale, ma soprattutto a tutti quegli accadimenti che stanno caratterizzando la qualità della nostra società contemporanea dove il colore delle penne è diventato pleonastico, ‘l’ultima cosa” direbbe Vox Populi. Un tempo, infatti, in cui le ideologie la facevano da padrone, era molto più chiaro a tutti il colore delle piume degli uccelli, laddove gli uccelli, come l’uomo, sono essere viventi, sebbene abbiano qualche limitazione in più. Ora si fa davvero fatica a distinguere il colore delle piume degli uccelli che pur di soddisfare i loro bisogni primari e non, si venderebbero forse anche le piume stesse.
La tradizione racconta che se questi tre giorni saranno freddi allora avremo una primavera bella, viceversa avremo una primavera che farà fatica a presentarsi all’appello. Sicuramente è questo l’auspicio di tutti, al quale Vox Populi non può però non aggiungere quello di poterci capire un po’ di più, sia tra noi che attorno a noi e a quello che sta succedendo, perché a differenza nostra, “Nce capimme a sische” diceva ° ‘o merulo a’ mugliera” Possiamo pure noi dire la stessa cosa oggi, o rischiamo di confondere i fischi con gli applausi? Meditate gente, meditate.
di Annachiara Flaminio
Seguiteci anche su www.persemprecalcio.it