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La morte di Liliana de Curtis, figlia di Totò, avvenuta in mattinata, a Roma, riporta alla mente un’annosa vicenda. Finora sostenuta da tante promesse, anche fatte da uomini illustri, ma mai realizzate. Seguite con molta attenzione e da vicino da Liliana che se ne andata senza potere vederne la realizzazione. Stiamo parlando di quel museo dedicato al principe della risata e di cui ancora non si vedono tracce. Tanti gli interventi, in passato, in questo senso, eppure quando sembrava che ogni ostacolo fosse stato superato invece ecco gli storici dietro front. Flop amministrativi, burocratici che non hanno mai avuto un nome. Per tutti riportiamo alla mente, le parole pronunciate a Pompei, in una delle sue frequenti visite agli Scavi, dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. “Lo Stato italiano si impegnerà direttamente per il Museo di Totò”, disse quel giorno il responsabile del Mibact. Era il 19 febbraio 2020.

“Sono pronte le risorse per il Museo del Principe De Curtis – spiegò all’epoca – perché è un grande artista, Ed è nel cuore di tutti noi”. “Totò deve avere un luogo dignitoso, importante – aggiunse – che lo ricordi. Ho chiamato la nipote Elena Anticoli De Curtis, ho chiamato il sindaco Luigi de Magistris”. Poi, la promessa: “Ci impegneremo direttamente come Stato. È troppo tempo che se ne parla”.

La sede dovrebbe essere al Rione Sanità, dove in questi anni si è discusso sia del Palazzo dello Spagnuolo che della casa natale di Totò, in via Santa Maria Antesaecula.