di Giuseppe Esposito
La politica Italiana è in fermento. Gli istituti di statistica provano a fare un po’ di conti. I risultai rilevati dalle intenzioni di voto danno le percentuali. Fanno una graduatoria di preferenza dei partiti. Secondo Demopolis i dati degli ultimi sondaggi danno FdI (23%) e PD (21%). Seguono staccati la Lega (15,2%) e M5S (10,5%). Poi FI (7,4%) che mantiene le posizioni non troppo lusinghiere davanti a Azione/Più Europa (4%), Italia Viva (2,4%). Ipsos poi registra per la prima volta Insieme per il futuro (Ipf) con il 2,3%.
Giorgia Meloni gongola. Forte dall’essere all’opposizione. Assorbe molti voti della Lega e dei vecchi e nuovi 5 Stelle. Deve sgomitare per far riconoscere la sua leadership dai soci del centro destra.
Letta (PD) fa tesoro delle ultime amministrative. Prova a mediare con gli alleati di governo, 5S, che si dimenano. A questi però Franceschini, di Area Dem, fa sapere che non vuole il loro appoggio esterno. In tal caso niente alleanza.
Salvini (Lega) aspetta il raduno annuale di Pontida per decidere. Fino ad allora, forse, un Moquito lo disseterà dalla calura estiva. E la memoria ci riporta all’agosto del 2019.
Conte (M5S), politico per caso, due volte presidente del consiglio con tutti quelli che poteva. Da destra a sinistra. Dopo la scissione del Ministro degli Esteri si ritrova con un movimento dimezzato che non controlla del tutto. Spinto dai populisti ritrovati minaccia l’uscita dal governo se non vede discontinuità. Il prossimo voto sugli aiuti sarà fondamentale. Specie al senato. I 5S devono poi anche sciogliere il nodo del secondo mandato. Grillo sembra essere intransigente.
Berlusconi (FI) rimane al pezzo. Spera di costruire introno a sé il consenso del centro e della destra. Ne lui e ne Salvini vedono di buon occhio una Meloni sempre più su e avanti a loro. Non lo dicono ma lo manifestano. Il capo di Forza Italia fa sapere che lui è il vero ed unico centro.
Calenda (Azione) va d’accordo con più Europa della Bonino. Non nasconde la poca stima verso i 5 Stelle e il nuovo (vecchio) Di Maio. Lo ha detto anche al presidente della regione Liguria Toti, con cui instaura un discorso centrista.
Renzi (Italia Viva) per ora guarda. Da opportunista e politico scaltro aspetta. Lancia le sue bordate a destra al centro e a manca. Non le manda a dire. Il suo nuovo libro, il “Mostro”, è esplicito.
Poi c’è Di Maio, lo scissionista dell’ultima ora. Criticava gli scissionisti della “prima ora” e i trasformisti. È un centrista ritrovato, di sangue democristiano. È passato dall’uno vale uno al c’è chi vale di più. Parla con il sindaco di Milano Sala. Prova a ritagliare uno spazio per la sua nuova formazione. Dopo ci sono tutti gli altri. Italexit, Verdi, Sinistra Italiana, Art.1-MDP.
Draghi (nella foto con Mattarella) è stato chiaro: non si va avanti senza i 5 Stelle. Salvini dice che senza i Grillini la maggioranza regge lo stesso. I numeri ci sono. Questa settimana si voterà in parlamento. Sarà un banco di prova per la tenuta della larga e litigiosa coalizione.
Il presidente Draghi fa tenere caldo il motore della sua auto. Fa impostare l’unico percorso possibile, direzione Quirinale. Mattarella è saggio e paziente.