La presunzione dei giusti. Il Vangelo odierno ci parla della parabola del fariseo e del pubblicano che salirono al tempio per pregare. Il primo, nel corso della sua preghiera lodava il Signore ringraziandolo del fatto di non essere come il pubblicano ma cristiano praticante ed osservante del dogma e di ogni sua enunciazione. Pertanto, egli, a differenza del pubblicano, si riteneva essere giusto ed indiscutibile per ogni sua azione e quindi meritevole di ogni considerazione innanzi a Dio.
Egli in realtà attraverso la mai cessata politica del do ut des (tu mi dai io ti do), riteneva stoltamente di poter ottenere tutto dall’Onnipotente a differenza del pubblicano essendo la perfezione personificata. Quest’ultimo, a differenza sua, non osava nemmeno rivolgere lo sguardo al cielo e riconoscendosi immeritevole in quanto peccatore, chiedeva clemenza e perdono a Dio per i suoi peccati. Prendendo in considerazione questi due diversi modi di approcciarsi al giudizio di Colui che è l’unico in grado di giudicare in modo equo tutti, chi può mai ritenersi con assoluta certezza, senza il pericolo di essere smentito, di essere un discepolo dell’uno o dell’altro?
Tutti noi a volte, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo in cui operiamo, risultiamo essere a volte farisei ed a volte pubblicani, allorquando anteponiamo la superbia all’umiltà e viceversa. La storia della nostra vita, ci ha insegnato che purtroppo a volte, pur non volendolo interiormente fare, siamo costretti a comportarci da farisei per una mancanza di coraggio ad ammettere i nostri errori e quindi a mascherare attraverso questa ostentazione di falsa giustizia, le nostre manchevolezze ed i nostri errori di giudizio.
Tale necessità scaturisce forse anche dalla consapevolezza che chi giudica, sicuramente, a volte, non ha lo stesso discernimento del nostro Dio e quindi a sua volta risulta essere anch’egli un fariseo. Quale potrebbe essere la soluzione migliore? Sicuramente cercare di bandire da noi ogni forma di giudizio nei confronti degli altri acquisendo, giorno dopo giorno, attraverso un profondo processo di discernimento interiore, la convinzione che tutti indistintamente siamo a volti farisei ed a volte pubblicani.
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